Ci sono soggetti che continuano a guadagnare milioni di euro in Italia mentre la maggior parte dei cittadini fa fatica a “sbarcare il lunario”. Sono le 168 società che gestiscono il giro d’affari delle acque minerali in Italia. “Le aziende che imbottigliano le acque minerali continuano a farla franca pagando canoni di concessione davvero ridicoli in diverse regioni italiane a fronti di un business miliardario”, scrive Legambiente nel rapporto stilato con Altreconomia sullo “scandalo tutto italiano” delle acque minerali in bottiglia. ”Un giro d’affari pari a 2,25 miliardi di euro che riguarda 168 società per 304 diverse marche commerciali; […] c’è un vero e proprio business dentro una bottiglia d’acqua”, si legge in un comunicato di Legambiente.

Nel 2011, in Italia, i consumi di acqua, nonostante la crisi, sono aumentati rispetto all’anno precedente, arrivando a 188 litri per abitante; dei 12,3 miliardi di litri imbottigliati nel solo 2011, oltre 11,3 miliardi sono stati consumati dentro i confini nazionali (di cui l’80% in bottiglie di plastica). Questa attività, come detto, comporta un elevato rischio ambientale perché per dissetare la popolazione italiana sono state usate, solo nel 2011, 6 miliardi di bottiglie di plastica da un litro e mezzo, per un totale di 456 mila tonnellate di petrolio e oltre 1,2 milioni di tonnellate di anidride carbonica immesse nell’atmosfera per produrle. Se aggiungiamo che solo un terzo delle bottiglie di plastica utilizzate viene riciclato, il quadro che ne emerge è davvero sconfortante.

Nel frattempo, le società che gestiscono questo business ottengono profitti altissimi. “I canoni richiesti dalle Regioni per le concessioni hanno spesso importi addirittura ridicoli – si legge nel rapporto – come nel caso della Liguria che chiede solo 5 euro per ciascun ettaro dato in concessione”. Legambiente e  Altreconomia hanno mandato un questionario a tutte le regioni italiane per capire quali siano i canoni applicati e “il quadro che ne esce è estremamente eterogeneo, con l’unico elemento comune che le condizioni sono sempre molto  vantaggiose per le società che imbottigliano l’acqua e che gran parte delle Amministrazioni sono  ancora inadempienti rispetto a quanto stabilito nel 2006” in un documento di indirizzo proposto dalla Conferenza Stato-Regioni per rendere uniformi i canoni sul territorio nazionale.

“L’unica regione promossa nella classifica di Legambiente e Altreconomia è il Lazio che prevede un triplo canone, in funzione degli ettari dati in concessione (65 euro), dei volumi emunti dalle falde acquifere (1 euro/metri cubi) e di quelli imbottigliati (2,17 euro a metro cubo)”. Altre dieci regioni sono state promosse con riserva perché prevedono il doppio canone (volume + superficie) secondo le linee guida nazionali, con canoni per i volumi imbottigliati o emunti tra 1 e 1,50 euro per metro cubo. Si tratta di Calabria, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Marche, Sicilia, Toscana, Provincia autonoma di Trento, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto. Le altre 10 Regioni sono invece “rimandate o bocciate”.

Insomma le attività legate all’imbottigliamento dell’acqua minerale, a fronte di oltre 2,2 miliardi di euro di affari nel solo 2011, hanno prodotto un ritorno economico per comuni, province o regioni “assolutamente irrisorio”, nonostante la risorsa su cui svolgono i propri profitti sia “un bene comune che appartiene alla collettività”. Se al contrario si applicasse un canone uniforme su tutto il territorio e soprattutto più elevato, (10 euro al metro cubo), come propongono Legambiente e Altreconomia, si arriverebbe ad avere un introito di 123 milioni di euro l’anno per le regioni  italiane, risorse che potrebbero essere vincolate a investimenti sul territorio riguardanti la tutela degli ecosistemi idrici.

G. L. -ilmegafono.org