Quando Rosario Crocetta scelse di candidarsi in tanti hanno esultato. Quando hanno scoperto che, nel farlo, aveva pensato di spingere verso un’alleanza con l’Udc, il partito di Cuffaro e di coloro che lo hanno sostenuto per anni, in tanti sono rimasti delusi. Anche se le reazioni sono state diverse, nei modi e nei toni. Alcuni hanno esagerato, lasciandosi andare alla infausta abitudine di eccedere, perdendosi tra allusioni inaccettabili, forse anche perché eccitati dalla contesa elettorale, come sempre piena di errori imbarazzanti. Altri, invece, si sono limitati a criticare la sua scelta, senza però dimenticare la grande statura morale e politica di un uomo che, a Gela, è riuscito a far piangere la mafia, a ridicolizzarne il potere grazie ad un’azione sinergica con tutte le istituzioni coinvolte nella lotta al crimine, oltre che con i cittadini e i movimenti presenti sul territorio.
Oggi, Crocetta ha già acquisito un merito: aver riportato la Sicilia all’attenzione dell’opinione pubblica non per fatti di mafia o come luogo di un servile consenso (“in stile 61-0”) ad una forza politica, ma come pilota di un cambiamento che, si spera, possa estendersi anche ad altre regioni. L’ultimo atto, quello più recente, è quello del ddl con cui è stata stabilita l’abolizione delle province e la loro sostituzione con tre aree metropolitane (Palermo, Messina e Catania) e con i consorzi che i comuni (con una popolazione minima complessiva di 150mila abitanti) potranno creare sulla base di una serie di criteri che, entro il 31 dicembre, l’Ars dovrà inserire nell’apposita legge di riforma. Una scelta voluta fortemente da Crocetta, che ha incontrato non poche resistenze, ma che ha trovato l’appoggio convinto del Movimento 5 Stelle, in quello che è (anche in questo caso) un esperimento di collaborazione fattiva tra due forze, Pd e M5S, che a livello nazionale non riescono a stare insieme, più per volontà di Grillo che di Bersani.
Forse perché Crocetta, a differenza del segretario del Pd nazionale, è stato capace di anticipare i tempi, capire il fenomeno Grillo prima degli altri, depurarne le scorie, ascoltarne le istanze e aprirvi un dialogo, mantenendo però le distanze, senza alcuna preghiera rispetto ad un eventuale sostegno, senza ammiccamenti forzati o corteggiamenti remissivi. Crocetta ha vinto le elezioni grazie ad una coalizione non bella da presentare come biglietto da visita di una rivoluzione, ma poi ha messo avanti la propria persona, scegliendo da sé, senza aprire le porte a cui in tanti, per abitudine, hanno provato a bussare. Questo è avvenuto sia nella scelta specifica dei componenti della Giunta che in quella più generale di rinnovamento di una regione che ha trovato sull’orlo del baratro.
E il neo presidente ci tiene, giustamente, a ribadire la paternità di certe misure e certi interventi. Le province sono state abolite perché generavano uno spreco di ben 700 milioni di euro e, nell’azione di risanamento dell’economia dell’isola, erano uno dei primi obiettivi di Crocetta. Un obiettivo che, come nel caso dello spostamento dei funzionari e dei dipendenti dell’assessorato alla Formazione, è stato individuato e centrato, anche se adesso bisognerà affrettarsi a scrivere la legge da approvare entro dicembre, nella quale si dovranno ben specificare le conseguenze su tutta una serie di aspetti, come la competenza su certi ambiti (scuole, strade, la successione nelle partecipate), l’allocazione del personale, la struttura dei consorzi (che saranno costituiti dai sindaci i quali formeranno gli organismi al loro interno e non con il voto popolare, e inoltre non percepiranno un gettone di presenza, ma solo rimborsi spese), i luoghi presso cui questi consorzi si devono riunire, i loro costi, ecc.
Intanto, il provvedimento ha cancellato anche le elezioni per il rinnovo dei consigli provinciali, previste nel mese di maggio. Saranno i commissari a prendere il posto dei presidenti di Provincia, in attesa della legge che regoli l’istituzione dei consorzi. Un atto rivoluzionario. Nell’Italia della “spending review”, che da mesi parla di abolizione delle province, troppo spesso trasformatesi in luoghi di spreco e di contrattazione di clientele e accordi politici, la Sicilia è la regione che trasforma i propositi in fatti, in atti concreti. Di questo bisogna ringraziare Rosario Crocetta, ma anche, onestamente, l’intelligenza del Movimento 5 Stelle siciliano che, a differenza di quello nazionale, mostra maggiore attenzione agli interessi collettivi, una più spiccata propensione al dialogo, con la maggioranza così come con la stampa e la popolazione, con grande vantaggio per tutti e per quel bene comune che, a livello nazionale, sembra seppellito dalle schermaglie politiche, dalle accuse reciproche, dalle logiche di complotto.
Non è dato sapere se questa sia una rivoluzione che durerà o meno, se l’abolizione delle province arriverà a completare per intero il percorso che conduce alla riforma totale del sistema, con una precisa regolamentazione dei consorzi, ma di sicuro in Sicilia si sta sperimentando qualcosa che in questo Paese sembra impossibile: una collaborazione tra forze che condividono l’idea di risanare l’economia, creare un modello di sviluppo virtuoso e in armonia con il territorio, abbattere gli sprechi e i privilegi, oltre che l’incancrenito sistema clientelare che soffoca l’isola (e l’intero Paese) da decenni. Lo chiamano senso di responsabilità. Ci si chiede se qualcuno, a parte Bersani, ne ricorda ancora l’esistenza.
Massimiliano Perna –ilmegafono.org
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