Placido Rizzotto, il sindacalista siciliano che venne ucciso dalla mafia nel 1948, avrà i funerali di Stato. È questa la decisione presa dal Consiglio dei Ministri, che ha così trasformato in realtà una richiesta già avanzata da più parti, tra cui l′Anpi, il partito socialista ed anche l′europarlamentare David Sassoli. Lo Stato italiano così darà l′estremo saluto a Rizzotto dopo ben 64 anni dalla scomparsa. Una scomparsa per mano della mafia, che in quegli anni, a Corleone, voleva dire Luciano Liggio, potente e spietato boss di cosa nostra già a ridosso della Seconda guerra mondiale. Oggi, dopo tanto tempo, la polizia scientifica ha ritrovato i resti che appartengono al sindacalista socialista ed è riuscita così a definire una vicenda che sembrava non avesse fine. Perché dunque la necessità di rendere nazionali i funerali di un sindacalista siciliano? Innanzitutto, bisogna affermare che fu proprio Rizzotto a dare il via a quel senso di ribellione nei confronti della criminalità organizzata che in quegli anni basava il proprio potere principalmente sul latifondo, opprimendo quei braccianti che Rizzotto spinse a ribellarsi, occupando le terre e rifiutando il sistema di oppressione e di sfruttamento imposto dalla mafia.
È proprio in quegli anni che si manifesta, per la prima volta, un desiderio di dire no, un contrasto all′omertà dilagante che in passato aveva coperto tutto. Se immaginiamo, ancora una volta, il contesto storico nel quale si trovava Rizzotto, possiamo benissimo immaginare il coraggio e la difficoltà di prendere certe decisioni in un paesino come Corleone, dove i boss e i loro picciotti li incontravi ogni giorno e ogni sera nella piazza centrale. La sua sfida ai latifondisti, ai campieri, ai picciotti che imponevano un clima di terrore dava fastidio, perché la gente cominciava a prendere coscienza. Ecco perché Liggio e il potente Navarra, medico-boss dei corleonesi, decisero di eliminarlo. Sono passati 64 anni e sembra che da quel giorno ad oggi siano trascorsi secoli: in realtà non è così. Oggi come allora, ci ritroviamo di fronte alla stessa potenza criminale, che ha cambiato faccia, linguaggio, aree di azione, ma che mantiene la stessa violenza, l′identica forza oppressiva.
Anche per questo motivo, dunque, i funerali di Rizzotto assumono un significato importantissimo. Inoltre (e forse è la cosa più importante) il gesto del governo dà un segnale utile a questo Paese in cui il senso di giustizia e il valore della memoria si indeboliscono quotidianamente. Ricordare una figura così apparentemente lontana, celebrare il valore delle azioni compiute, che costituirono un esempio positivo per le generazioni successive, è davvero un segno di civiltà che oggi difficilmente riscontriamo all′interno della nostra classe politica. Ecco perché questo è un atto che non bisogna sottovalutare, ma anzi evidenziare, sottolineare con vigore: verranno celebrati a livello nazionale i funerali di un sindacalista siciliano, un socialista che combatté la mafia e la vinse, nel suo piccolo, pur pagando con la propria vita il prezzo di questa vittoria.
La decisione del Consiglio dei Ministri è stata accolta con favore e speranza dalle associazioni antimafia, dalla politica e dalla società civile: da Libera all′Anpi, dall′eurodeputato Sassoli al presidente di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero. Insomma, è stata una scelta condivisa da molte aree della politica e della società italiane e ciò dovrebbe far riflettere. Dovremmo capire, insomma, che così come la mafia è capace di vendicarsi anche a distanza di anni, allo stesso modo la giustizia può ottenere a posteriori piccole vittorie che danno speranza. Perché la mafia ha paura degli esempi, di quelle storie e quelle idee che resistono al sangue, alle pallottole e al passare del tempo. Che vengano allora i funerali di Stato e che si imprima nella memoria di tutti gli italiani il nome di Placido Rizzotto e il valore della sua lotta senza tempo.
Giovambattista Dato -ilmegafono.org
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