Il disastro ambientale verificatosi nel Golfo del Messico lo scorso anno aveva lasciato tutto il mondo con il fiato sospeso: una delle regioni naturalistiche più importanti della Terra ha subito danni oltre misura, a causa di leggerezze fatali messe in atto dal colosso petrolifero britannico British Petroleum, in breve Bp. A distanza di mesi, è ancora la Bp a scatenare perplessità e malcontento tra gli ambientalisti di tutto il mondo: la società inglese, infatti, pare essersi accordata con la Russia, o meglio, con la società di stato russa Rosneft, per dare il via alle trivellazioni (per estrarre greggio) nell’Artico, sottoponendo l’ecosistema polare ad ovvi rischi. Già da tempo la Rosneft aveva autorizzato esplorazioni alla ricerca di gas in Siberia e nel mar di Kara, ma, dopo uno scambio d’azioni dal valore di otto miliardi di dollari, ha inserito anche la Bp in questo ricco quadretto, lasciando sorpresi anche gli Usa.

Ciò che maggiormente preoccupa gli Stati Uniti, non è tanto il danno ambientale che potrebbe verificarsi, ma una nuova alleanza tra Gran Bretagna e Russia che potrebbe tagliare fuori la nazione più potente del mondo. L’associazione ambientalista “Amici della Terra” ha definito la Bp come “nemico numero 1” dell’ambiente, dopo i disatri nel Golfo del Messico, ed attende, insieme altre organizzazioni, quali Wwf e Greenpeace, l’incontro con l’amministratore delegato della Bp, Bob Dudley, per fare chiarezza sulle eventuali implicazioni ambientali, mentre sul fronte politico, nascono dubbi e perplessità sul ruolo assunto da Putin nello stilare questi accordi.

L’esigenza fondamentale della Bp è quella di trovare nuovi territori d’esplorazione in seguito alle difficoltà incontrate sul territorio statunitense: chiara, infatti, è stata la dichiarazione rilasciata dal deputato del Massachusetts, Edward Markey, il quale ha espresso serie preoccupazioni per la sicurezza economica ed ambientale degli Stati Uniti fino a quando la Bp opererà sul proprio territorio. La preoccupazione dei Verdi, partito molto più forte nel resto del mondo rispetto all’Italia, è destinata soprattutto alle tante specie animali in via d’estinzione presenti nei territori lambiti dal Mar di Kara: orsi polari, balene beluga, trichechi e vari esemplari di fauna ittica corrono seri pericoli se le trivellazioni procederanno senza scrupoli.

A lasciare attoniti è anche la mancanza di coerenza da parte della Bp, che mesi fa prometteva di diventare “la più verde delle compagnie petrolifere”, e che ora, nonostante il disastro dei mesi scorsi, non fa altro che aggravare la sua posizione. Secondo il responsabile dei mutamenti climatici di “Amici della Terra”, Mick Childs, la Bp non è in grado di affrontare trivellazioni in un territorio così ostile dal punto di vista climatico, dopo il fallimento in Louisiana: una marea nera nei pressi del Polo Nord porterebbe ad inimmaginabili conseguenze per tutto l’ecosistema mondiale, dato che quei territori così ostili ospitano meno infrastrutture e meno attrezzature per prevenire un’eventuale onda nera.

Laura Olivazzi -ilmegafono.org