Nel lungo percorso verso la parità di genere e l’abbattimento delle coordinate mortificanti che il patriarcato ha offerto per secoli, alcune donne ancora muoiono per aver alzato la voce in difesa della propria autodeterminazione. Accade da sempre. In ogni parte del mondo. Ma restiamo in Italia, nell’anno che è appena cominciato. Gessica di Rimini, gravemente ustionata dall’acido lanciatole dall’ex compagno; già denunciato per stalking, pare non accettasse la fine della relazione. A Messina, Ylenia, cosparsa di benzina, ha preso fuoco probabilmente per mano del fidanzato; la ragazza sarebbe incinta.

Loro sono sopravvissute. Rosanna no, è stata uccisa a Milano: dopo 20 anni di violenze da parte del marito che non si risparmiava di picchiarla anche con il bastone della scopa, ha pagato con 23 coltellate l’ennesima discussione. Siamo di fronte ad una femminilità che fa propria la libertà che le spetta di diritto. Di fronte ad una donna che a voce alta dice no, l’uomo che basa la maschilità sul possesso ed il dominio, sente dilaniata la propria virilità.

La donna libera dà, a questa tipologia di maschi, un senso di impotenza. Il genere femminile diventa il nemico da combattere, da cancellare dalla faccia della terra. L’acido che corrode, le fiamme che inceneriscono. Alcol e fiammifero: così la piccola Palmina Martinelli aveva spiegato cosa le era stato inflitto per aver detto no alla prostituzione. Morì poco dopo. Erano gli anni ’80. 1740 le donne uccise in Italia negli ultimi 10 anni. Circa 120 nel 2016. Oltre il 90% per mano di un uomo, con cui avevano o avevano avuto una relazione. Il primato, secondo i numeri comparsi su “Panorama”, è del Nord Italia. Sono dati allarmanti, ma sembra che il fenomeno non sia in crescita.

Ma un cambiamento da ieri ad oggi c’è stato. La coniazione del termine “femminicidio”, che ha sancito il riconoscimento di un dramma esistente da tempo, da sempre. Dare un nome, alle persone, agli eventi, ai fenomeni, ne convalida l’esistenza. Il concetto di femminicido è arrivato negli ultimi anni per rendere concreto il riconoscimento di questo fenomeno violento che si rivolge al genere femminile. Questo neologismo è una presa di posizione collettiva che riconosce alle donne la libertà di essere, in modo indipendente.

La dinamica della dipendenza è lampante in quei casi in cui le violenze si consumano all’interno della coppia. In questi casi il maschio troverebbe nel legame dipendente una modalità per non essere abbandonato. Potrebbe apparire come un maschio a due dimensioni, che si alternano ciclicamente: premuroso, che soddisfa ogni necessità della compagna per rendersi indispensabile, ma che esplode violentemente di fronte a un comportamento, un gesto che non sarebbe adeguato, secondo la sua concezione patologica di come dovrebbe essere una donna.

Si tratta di maschi dalla struttura fragile, che necessitano di un’appendice che li faccia sentire integri; possono piangere come bambini per scusarsi delle percosse, ma il ciclo della violenza riprenderà il suo giro. La donna che rifiuta di essere un accessorio e dice sì alla propria individualità, ferisce profondamente e attenta ad un’identità maschile già incerta di per sé.

Nella società patriarcale la relazione tra genere maschile e femminile si risolveva in una semplice funzione matematica. L’esistenza della donna dipendeva totalmente dall’uomo. Prima il padre, i fratelli (maschi), poi il marito. La donna sussisteva in quanto figlia di, moglie di, madre di, preferibilmente di un figlio maschio. La centralità maschile è una costante della storia. L’uomo d’onore e rispettabile è affiancato da una donna come si deve, che non esce dai ruoli stereotipati, che non offuschi l’ego maschile e non dica mai di no.

La donna era considerata parzialmente. Era castrata nella sua individualità. Il riscatto iniziato pochi decenni fa ha messo in primo piano la donna nella sua interezza, padrona di se stessa: d’ora in poi decido io!

Laura Magni, psicologa (Sonda.Life) -ilmegafono.org

I problemi fondamentali degli uomini nascono da questioni economiche, razziali, sociali, ma i problemi fondamentali delle donne nascono anche e soprattutto da questo: il fatto d’essere donne”. (Oriana Fallaci)