Niente più coppola né lupara, non è più il tempo degli stereotipi. Le cronache (più o meno recenti) ci insegnano che la mafia non è più ignorante né radicata esclusivamente nelle sue regioni d’origine; ha fatto studiare i propri figli per innalzare il livello dei propri reati ed affari e, attraversato lo Stretto e percorso tutto lo Stivale, si è radicata anche nelle regioni più insospettabili, in Emilia Romagna, in Liguria, in Lombardia. La mafia di ultima generazione ha imparato a mangiare la polenta e si è insinuata nel panorama politico di molte, troppe regioni del nostro Stato. Un ampliamento di ambizioni, di interessi, con introiti monetari sempre maggiori che ha portato i boss a lasciare le proprie terre d’origine, a non vessare più esclusivamente Sicilia, Calabria e Campania, ad espatriare verso regioni più ricche. A conferma di ciò  le moltissime inchieste che documentano, sempre più di frequente, la commistione tra la politica ed il malaffare (non per ultima quella sulla trattativa mafia-Stato).

Un’ulteriore conferma è arrivata proprio in quest’ultima settimana, con la richiesta di custodia cautelare e, 24 ore dopo, con la costituzione di Massimo Ponzoni, consigliere Pdl della Lombardia. Le accuse a suo carico sono gravissime: bancarotta fraudolenta, corruzione, concussione, peculato, appropriazione indebita, violazione della legge sul finanziamento ai partiti e concorso in rivelazione d’ufficio. L’indagato, secondo quanto emerge dall’ordinanza, avrebbe instaurato un “radicato e diffuso sistema di illegalità che presenta, come dato comune, l′asservimento della funzione pubblica all′ interesse privato”. Sembrerebbe infatti che, durante le elezioni regionali del 2005, il politico abbia accettato aiuti dalla ‘ndrangheta sia di natura meramente finanziaria (i soldi da parte di Salvatore Strangio, boss di San Luca, gli vennero recapitati tramite il conto corrente della nonna) che politica, finalizzata a reperire voti. Una circostanza che risulterebbe provata da alcune intercettazioni nelle quali lo stesso Ponzoni, parlando delle elezioni del 2010, si diceva compiaciuto perché “mi sono tolto i voti di certi personaggi affiliati a certi clan”.

Inoltre, secondo quanto dichiarato da Sergio Pennati, il suo ex socio, sembrerebbe che Ponzoni si servisse dei suoi amici ‘ndranghetisti anche per la loro abilità persuasiva, utilizzando frasi minacciose del tipo: “Stai attento che qui sopravvive chi ha gli amici”. Dalle indagini emergono inoltre alcuni regali che l’indagato avrebbe fatto al governatore della regione Lombardia, Roberto Formigoni, tra cui il noleggio di barche, vacanze ed un vaso dal valore di circa 10000 euro che sarebbe stato pagato con i soldi della Pellicano, una delle sue società fallite. Circostanza che potrebbe far presumere anche un certo legame tra le attività criminose (per non dire mafiose) di Ponzoni e lo stesso Formigoni, il quale si è immediatamente detto estraneo all’intera faccenda.

Di mafia al Nord, specie in Lombardia, ha parlato, lo scorso 18 gennaio, Roberto Saviano, durante la cerimonia organizzata per conferirgli la cittadinanza onoraria milanese. “È qui da Milano  – ha dichiarato- che la resistenza alle organizzazioni criminali può partire, ancor più che dal Sud. Qui questa battaglia ha un significato centrale, perché è proprio nel capoluogo lombardo che sento la possibilità di sottrarre alle mafie le ricchezze saccheggiate a questo Paese”. “Raccontare di mafia al Nord non vuol dire diffamarlo – ha continuato lo scrittore  napoletano –  ma dare strumenti per capire e difendersi”. Nel ringraziare i presenti per l’onorificenza giustamente ricevuta, Saviano non ha poi risparmiato una comprensibile frecciata alla Lega: “Non è che tutti hanno condiviso la scelta di farmi diventare milanese. Quando ho letto il comunicato di un dirigente della Lega che diceva che non avrebbe partecipato alla cerimonia non mi sono stupito, mi è parso un gesto coerente. Lo ringrazio, perché quando si difende Cosentino è molto difficile stare qui”.

Anna Serrapelle- ilmegafono.org