Tra un karaoke e un brindisi di compleanno, con la stessa superficiale crudeltà con la quale hanno negato, ribattuto, mentito durante il farsesco Consiglio dei Ministri in terra calabra, Giorgia Meloni e Matteo Salvini hanno continuato a ignorare il dolore e la rabbia dei familiari delle vittime della strage di Cutro. Mentre intonavano, beffardamente, La canzone di Marinella, il mare continuava a restituire corpi. E poco dopo, ad ingoiarne altri, nelle acque ricadenti dentro la zona SAR libica, dove 30 persone, a causa dei soccorsi arrivati con un giorno e mezzo di ritardo, sono finite nelle umide e funeste fauci del Mediterraneo. Solo in 17 si sono salvati dal buco nero degli abissi, dove spariscono per sempre i corpi, i volti, i vissuti, le paure e le speranze di migliaia di persone. Il genocidio continua e, come ogni genocidio, si riempie di vittime e pullula carnefici e di un esercito infinito di complici, ma anche di gesti e scelte feroci e di ignobile indifferenza. Abbiamo visto una premier e un ministro divertirsi gioiosamente, poche ore dopo essere stati in un luogo nel quale l’atrocità del dolore è tangibile, scorre sulle lacrime dei familiari delle vittime, brucia sull’attesa lancinante di chi non ha ancora nemmeno un corpo da piangere.

Il luogo di una strage rispetto alla quale Meloni, Salvini e il loro governo non hanno nulla da dire, se non buttare sul tavolo ricostruzioni sbagliate, negare le responsabilità e promettere una fantomatica quanto surreale caccia al trafficante. Il dolore di Cutro, però, è qualcosa che non si può cancellare con qualche post o promessa fantasiosa, né permette di sfuggire alle responsabilità semplicemente fornendo sbrigative spiegazioni. Tra la conferenza stampa in Calabria, trovata propagandistica di pessimo gusto e nessuna utilità, e la squallida festa di compleanno di un uomo politico che non riesce a uscire dal suo ruolo di triste macchietta, quel che resta è la pochezza di un esecutivo incapace di dare risposte, che purtroppo sono la sola cosa che conta in questo momento. Ciò che più ha irritato, in questi giorni, insieme a quel macabro baccanale sulle note di una canzone della quale andrebbe conosciuto almeno il significato, è il continuo ripetere, da parte del governo e dei suoi vassalli, che è assurdo pensare che un ministro e un governo abbiano volutamente lasciato morire delle persone, dei bambini.

Una difesa sciocca, una strategia per distrarre, per sottrarsi dal ragionamento sulle responsabilità, che ci sono e sono concrete, perché come è stato detto da più parti, incluso da alcune voci ufficiali della Guardia Costiera, quel naufragio si poteva evitare, se solo si fosse intervenuti per tempo. Se solo si fosse intervenuti non sulla base di squallide esigenze di monitoraggio, che rispondono a logiche di polizia, bensì per esigenze di soccorso, che rispondono al diritto internazionale, alle leggi del mare, a principi di umanità. È probabilmente vero che il governo non abbia voluto questa strage, e non per questioni di sensibilità umana che, in questi anni, su questo tema, le forze che compongono la maggioranza hanno dimostrato di non avere, ma esclusivamente per convenienza politica. Cutro ha fatto esplodere una bomba sulle idee del governo riguardo al tema immigrazione. Matteo Salvini e Giorgia Meloni, colei che urlava di voler affondare le navi delle ong e che, appena arrivata al potere, le ha fermate con un decreto-vergogna, speravano di poter procedere a gonfie vele, sfruttando il sentimento razzista del proprio elettorato, drogato da anni di propaganda.

Oggi si trovano invece a fare i conti con l’orrore infinito provocato a Cutro. Un orrore che ha scosso parte dell’opinione pubblica e che ha fatto emergere l’assurda ferocia delle politiche di chiusura e di accordi di respingimento che vengono attuate da Italia ed Europa. E ha svelato l’inettitudine di Piantedosi, di Meloni e quella già arcinota di Salvini, totalmente nudi una volta che non possono più aggrapparsi a slogan o a proclami da scadenti tribuni. Anche il “non dobbiamo farli partire”, che si traduce in “lasciamoli morire dall’altra parte del mare, lontano da noi”, non sembra avere più presa né funzionare davanti alle immagini di Cutro. L’Italia poteva e doveva evitare quella strage, ma non l’ha fatto. Un governo serio, davanti a un fatto innegabile, avrebbe dovuto impegnarsi per primo a ricostruire le responsabilità nella catena di comando, far dimettere il ministro o i ministri responsabili, rintracciare coloro i quali a vari livelli hanno provocato questa strage. Invece, si è preferito dare la colpa alle vittime, poi ai trafficanti, ma mai si è ipotizzata una responsabilità del governo o di qualsiasi altro ente o statale sul fatto specifico.

Intanto, in questo rumore delle posizioni, in questa orrida indifferenza anche verso i superstiti e verso i familiari delle vittime, tra un karaoke e un bicchiere di bollicine, è arrivata un’altra strage. Al largo della Libia, quella che non può essere ritenuta porto sicuro in cui far approdare i migranti e con la quale abbiamo ugualmente stretto e manteniamo accordi, finanziando la Guardia Costiera libica, ossia i trafficanti o i complici dei trafficanti, quelli che promettiamo di andare a prendere ovunque. Quella Guardia Costiera alla quale abbiamo dato formazione e motovedette e lasciato il compito di andare a “soccorrere” i migranti, pur sapendo che non si è mai trattato di soccorso. Perché i migranti, i guardiacoste libici, li fanno partire e poi li riprendono e li riportano nei centri di detenzione gestiti dai trafficanti, aumentando il prezzo del riscatto, spogliando più e più volte le persone dei loro averi, esercitando su di esse una violenza disumana. Quella stessa Libia che non ha risposto alle chiamate che segnalavano la barca in difficoltà, affermando beffardamente di non avere motovedette a disposizione.

Così come non ha risposto Malta che, come ricorda su MeltingPot l’avvocato esperto di diritto delle migrazioni, Fulvio Vassallo Paleologo, non può garantire porti di sbarco sicuri, per tutta una serie di ragioni. Quali? Innanzitutto perché Malta si è resa protagonista di respingimenti collettivi illegali e poi perché essa “non ha mai sottoscritto gli emendamenti del 2004 alle Convenzioni internazionali SAR e SOLAS e dunque non è obbligata ad indicare un porto di sbarco sicuro (POS) alle numerose imbarcazioni soccorse nella zona SAR di propria competenza, anche quando occasionalmente partecipa alle attività di ricerca e salvataggio”. Ecco perché l’Italia, invece di monitorare, sapendo che né Malta né i libici sarebbero intervenuti, aveva l’obbligo di andare a soccorrere quel barcone con 47 persone, segnalato un giorno e mezzo prima in condizioni di enorme pericolo. Condizioni che richiedevano un tempestivo intervento, soprattutto perché in quella zona sono presenti navi militari italiane ed europee impegnate in almeno due missioni internazionali.

Ed è l’accusa che le ong impegnate in questi anni nel soccorso in mare hanno lanciato al governo italiano, con Sea Watch che ha fatto circolare anche una ricostruzione terribile, nella quale il centro operativo di Roma, avvertito della non risposta delle autorità libiche e maltesi, non si è mosso di un millimetro, chiudendo in faccia il telefono agli operatori della ong, con un agghiacciante “bye bye!”, che è il simbolo della feroce indifferenza delle istituzioni italiane per la vita umana. D’altra parte, il nostro governo è troppo indaffarato a dividersi tra bollicine, karaoke e rigurgiti fascisti dei suoi componenti, per trovare il tempo di salvare vite umane. Inutile, dunque, sperare diversamente, non si può pretendere nulla da chi a Cutro è andato solo per una ignobile difesa di parte e non per annusare il dolore causato dalla propria incapacità e dalla propria indifferenza.

In quel video festoso, di una festa che oltraggia il dolore degli altri, Meloni e Salvini (e di riflesso il loro governo del tutto allineato), somigliano un po’ a quell’ufficiale nazista del film “La vita è bella” che, al vecchio amico e poi prigioniero ebreo interpretato da Benigni, invece di offrire salvezza, chiede la soluzione di un indovinello. Una scena che resta indelebile per la sua crudezza e per il cinismo che mostra. Una scena che riprende la storia, una storia disumana che, seppure in forme diverse, tragicamente si ripete a causa dell’ascesa sovranista. Con la complicità dell’Europa e anche di chi, in Italia, in questi anni, governando, ha aperto la strada a questo orrore.

Massimiliano Perna -ilmegafono.org