I tavoli non saltano mai per caso. Anzi, in realtà i tavoli, molto spesso, non saltano affatto. Continuano ad essere occupati da parole, intenzioni, ragionamenti. Anche in buonafede, talvolta. Si indicono riunioni, si mandano inviti, a volte questi tavoli si riempiono di altri partecipanti, mentre i volti originari sfumano o vengono estromessi tacitamente e si ricomincia daccapo. Con le solite chiacchiere, con il vizio del compromesso, del compitino, del “si fa quel che si può”. A volte capita anche che questi tavoli si sdoppino, così succede che, dopo molto tempo, arrivi qualche fantomatica associazione civica, che in realtà è serbatoio politico a direzione obbligata, che organizza un incontro. Un incontro nel quale si invitano solo alcune parti, con l’obiettivo non di trovare soluzioni bensì di strizzare l’occhio e fare una carezza a quei cassibilesi ai quali è stato insegnato a puntare il dito verso le vittime dello sfruttamento e non verso gli sfruttatori. In questo febbraio 2021, in questa ennesima vigilia di raccolta, quando a Cassibile ci sono già i primi braccianti, si sono risvegliati tutti.

Capipopolo, politici scadenti che cercano di ritrovare spazio come rappresentanti di presunti comitati, strumentalizzando tutto quel che possono, partiti vari, associazioni, movimenti civici che amano tanto intestarsi battaglie che non hanno mai combattuto. Tutti cercano visibilità, in pochi, per non dire quasi nessuno, cerca soluzioni. In tutto questo c’è anche il Sindaco di Siracusa, che difende l’operato della sua giunta, che sta lavorando alla realizzazione di un campo attrezzato all’interno della frazione. Un campo per accogliere 60 persone, a fronte di 400-450 braccianti attesi. Un Sindaco che, di fronte a questa soluzione minima, per rassicurare i cassibilesi più agitati, afferma che baraccopoli e tendopoli improvvisate saranno sgomberate. Geniale. Non c’è che dire. Tu non fai abbastanza per garantire diritti e accoglienza ai braccianti, e poi fai pagare a loro il prezzo. Complimenti.  Ma come si è arrivati a questo? Come si è arrivati dal 27 luglio 2018 a oggi? Che fine hanno fatto i tavoli che a inizio 2019, seppure con colpevole ritardo, stavano cercando di trovare una soluzione per non arrivare impreparati l’anno successivo? Sono diventati altro.

Sono diventati rotondi e chiusi, la rappresentazione tangibile di quel solito, insopportabile cerchio magico che anima questa città e una parte del suo attivismo. Siracusa è provinciale, a Siracusa tutti quelli che hanno preso parte alla vita pubblica o sociale della città, tra loro si conoscono più o meno tutti. Non tutti vanno d’accordo, come è ovvio che sia, ci possono essere simpatie o antipatie, pettegolezzi, meschinità, ma alla fine quello che tiene tutti uniti è la convenienza. Se una cosa conviene, allora si supera qualsiasi polemica. Attenzione, la convenienza non è necessariamente economica. Per convenienza qui si intende anche la volontà di vivere tranquilli. Di fare il possibile, senza sudare troppo, senza spingersi troppo oltre con il pensiero e con le ambizioni. La provincia può essere una dimensione meravigliosa, una culla rassicurante, nella quale dondolare le proprie vite senza chiedere troppo al mondo. La provincia sa offrire un panorama sempre uguale e sempre fottutamente tranquillizzante, anche davanti alle ansie del pianeta. Ti dà la sensazione che qui non potrà mai succedere nulla di rivoluzionario. Nel bene e nel male.

Se ti adegui, se non rompi le scatole, se non fai polemica, se non osi, alla fine, pur ingoiando qualche boccone amaro, avrai sempre un saluto educato, un sorriso, una serata in compagnia in una delle tante pizzerie della città, dove i tavoli spesso perdono contorni, divisioni, bandiere. Dai tavoli ai tavoli, il segreto è sempre lo stesso: comportati bene e potrai entrare nel cerchio magico. E se dovessero nascere altri tavoli, nessun problema, ci sarà sempre un posto per te. Importante è essere uniti, compatti, acritici. Chi sbaglia, sbaglia. Punto. Chi è codardo, è codardo. Chi non ambisce a una soluzione equa, va compreso e sostenuto. Perché siamo nella città che non cambia mai. Basta leggere le parole, i racconti, gli articoli di quarant’anni fa, per accorgersi che il dna di questa gente e di questa provincia è rimasto identico. E che i rompiscatole, qui, sono buoni solo quando ti ci puoi nascondere dietro o quando convengono per colpire chi ti sta antipatico e si comporta in modo non etico. Ma quando poi quei rompiscatole pretendono la stessa etica anche dagli amici o da quelli dello stesso lato del mare, allora non vanno bene. Diventano collosi, si appiccicano al palato della coscienza di questa città, si incuneano tra le maglie della moralità impettita, si infilano tra i denti di sorrisi di circostanza.

Sono quelli che vanno messi fuori dal cerchio. Perché a quel cerchio non vogliono appartenere. Perché magari ritengono che i diritti e la dignità di centinaia di persone non siano un discorso da circolo politico o da cerchio magico, ma un’urgenza di umanità, una necessità di lotta senza alcun tipo di cedimento al compromesso o al quieto vivere. Insomma, i tavoli non saltano e non sono saltati, ma da quei tavoli pian piano sono stati spinti fuori coloro i quali li avevano creati e proposti o coloro i quali cercavano strumenti concreti per arrivare a una soluzione reale, che non guardasse in faccia ai rapporti politici, al consenso elettorale, alle debolezze e alle incapacità politiche. C’è stato un momento in cui tutto è precipitato. È accaduto quando l’ex vicesindaco Randazzo si è dimesso, tornando a fare la sua professione e lasciando la Giunta. Al suo posto è stata promossa la consigliera Rita Gentile, brava persona indubbiamente, ma non molto ferrata su quella che è la realtà dello sfruttamento dei braccianti, soprattutto a Cassibile. Non si era mia occupata di caporalato, d’altra parte,  ne ho avuto prova più volta, ma proprio per questo avrebbe dovuto ascoltare di più e agire meno di testa propria.

Alla neoassessora, espressione del mondo delle associazioni (così come la consigliera Simona Cascio entrata in Consiglio comunale al posto della neoassessora), comprese quelle che curano i diritti dei migranti, venne delegata la gestione di questi tavoli e la conduzione della questione Cassibile. Non ho approvato molti metodi di lavoro, ma soprattutto alcune idee sulla composizione dei tavoli che la Gentile aveva in mente, così come non ho approvato la sua idea di coinvolgere chi quei tavoli e le soluzioni le disprezzava ogni giorno. Troppa la considerazione che veniva data a personaggi cassibilesi che sul tema migranti hanno dato prova delle peggiori parole, delle peggiori manifestazioni di populismo becero. Questa idea di mediazione continua con chi da anni lavora contro l’interazione tra braccianti e autoctoni era quanto di più nocivo e pericoloso. E così è poi stato infatti, considerato quanto accaduto lo scorso anno e quanto sta accadendo anche quest’anno. L’assessora e la giunta hanno scelto di essere autoreferenziali, di replicare sui giornali (giustamente) alle menzogne dei capipopolo, dimenticando però che quei capipopolo e la loro gente li hanno alimentati con la propria incapacità, con la politica della mediazione che non dovrebbe esistere quando si ha a che fare con diritti umani negati, con l’intermediazione illecita, con lo schiavismo, con lo sfruttamento selvaggio.

Il cerchio si è chiuso presto, nel 2019, con l’arroganza di chi, in barba al sorriso e ai modi gentili, andava per la sua strada verso l’ennesimo fallimento. Perché di fallimento si tratta. Di certo, portare nella baraccopoli, come è stato fatto nel 2020, dei bagni chimici, l’acqua e la corrente elettrica per ridurre le presenze dei braccianti nel centro del borgo, o un cassonetto per la raccolta dei rifiuti, è una soluzione misera, un passo in avanti minimo rispetto al quale ci vuole coraggio a rivendicare dei meriti. È un po’ come ospitare qualcuno in una stanza che è stata appena imbiancata, dotata di interruttore e rubinetti, ma senza pavimento, fredda, popolata da topi e insetti. Sarebbe bello vedere come si sentirebbero se vivessero loro, anche solo per due notti, dentro quella stanza, invece di lasciare che ci vivano altri. Sia chiaro, la responsabilità non è solo del Comune, anzi le responsabilità sono tante e ce ne sono alcune ancora più gravi perché fanno il paio con la totale indifferenza e con il profitto. Però di sicuro se oggi, dopo due anni di discussioni, a quasi tre anni da un incontro e da un piano che esprimeva una volontà precisa, siamo ancora a questo punto, è anche per l’incapacità e la chiusura di chi ha deciso di fidarsi solo del proprio mondo, del proprio cerchio magico.

Quello composto da chi, da venti anni, osserva Cassibile facendo il minimo, per prendere un applauso e poi tornare a mangiare la pizza con gli amici che gli ripetono quanto sono bravi. Un cerchio che è composto da chi dice sì facilmente e, quando vede che ci sono ostacoli, li scarica sugli altri o fa spallucce e sussurra “non possiamo farci niente”. Un cerchio che ha bisogno di non fare irritare troppo le sue componenti, incluse quelle imprese che continuano a fregarsene dello sfruttamento che alimentano. Quel cerchio è artificiale, costruito con le solite, immancabili dinamiche siracusane. I tavoli sono diventati il loro regno, attraverso il quale raccontare le solite storie di quello che si può o non si può fare, allargare le braccia davanti agli ostacoli che la prefettura avrebbe creato, chiedere un aiuto di per sé poco sensato ad altri comuni (ma ne parleremo nei prossimi capitoli), mostrare il volto sudato per il grande sforzo compiuto per partorire un risultato al di sotto del minimo.

Sono la facciata, sono la favola raccontata con il supporto di comunicati e lettere a sostegno del grande impegno dei nostri eroi e delle nostre eroine, dentro cui si ripetono parole prive di concretezza e si riconoscono sottesi punti di vista che andrebbero respinti e combattuti piuttosto che riproposti nella speranza di blandire i cassibilesi che si affidano alle destre più ignoranti e populiste le quali, in diretta tv, implorano piagnucolando l’ego rozzo di leader sgonfiati. Ma il cerchio magico è così, offre tutto e il contrario di tutto. Ma esiste, deve esistere, per donare quietezza ai suoi membri esclusivi e detonare chi ricorda che, prima dei soldi (che adesso ci sono) e degli ostacoli, esistono tre beni primari, non acquistabili in alcun mercato: competenza, responsabilità e volontà politica. Tutte cose che su questa vicenda, ancora oggi, risultano per lo più sconosciute.

Ci vediamo venerdì 26 febbraio alle ore 19 con il nono capitolo. A presto.

MP