Gli aspetti che, più di tutto, colpiscono al primo ascolto dell’ultimo lavoro di Francesco Setta sono la totale naturalezza e la disinvoltura di questo bravo artista. All’interno del suo album d’esordio, uscito solo qualche giorno fa, con l’etichetta Vrec/Audioglobe, e intitolato “Fenice”, Francesco Setta ci mostra un genere musicale che concede spazio a numerose influenze e stili sonori e strizza anche l’occhio, inconsciamente o meno, a qualcosa di stampo indie. Lungo le canzoni di questo disco, la libertà compositiva prende vita. La struttura con la quale Francesco modella le sue tracce è una forma sì ben definita, ma che all’occorrenza viene deformata in favore di qualche scorcio sonoro inatteso e – forse proprio per questo – molto piacevole.

“Fenice” è per antonomasia il simbolo della rinascita, l’era di un nuovo e sfavillante scintillio. Nel caso di Francesco Setta significa risollevarsi dalle ceneri delle precedenti esperienze musicali per librarsi verso un orizzonte sonoro nuovo. Il suo volo, lungo dodici tracce, ci mostra un artista versatile, a cui piace fare musica innanzitutto per sé stesso, pronto a sperimentare nuovi mix di suoni, in grado di giocare con l’elettronica unendola a una intrigante e onnipresente verve rock.

Quest’ultima, dovendo purtroppo riassumere, si manifesta talvolta con armonie post-rock, talvolta con assoli che ci catapultano negli anni ‘80, altre ancora invece più tendenti al noise, altre volte si avvale di qualche sample per concedere la scena a sonorità sotterranee, che si rifanno all’acid o all’industrial. In generale, tutto l’album è degno di nota, strutturato con qualità, eterogeneo e di semplice ascolto, con i suoi testi diretti che si intrecciano all’occorrenza con qualcosa di hip-hop e talvolta con ritmi e ambientazioni proprie del cantautorato, espressi senza troppi fronzoli. Quasi come fosse una sorta di fucina di idee ed emozioni estemporanee, condivisibili o meno, ma comunque apprezzabili perché prodotte da una mente razionale, abituata quindi al ragionamento profondo.

Insomma, “Fenice” di Francesco Setta (che abbiamo avuto ospite nell’ultima puntata della nostra trasmissione radiofonica “The Independence Play”). è uno di quei dischi che vanno ascoltati almeno una volta, per i contenuti, le sperimentazioni e il dinamismo sonoro contenuti al suo interno.

Manuele Foti -ilmegafono.org

La copertina dell’album: “Fenice”