È quasi mattino, è già domani. Donald John Trump non sarà più il presidente degli Stati Uniti e questo è un buon motivo per guardare fuori dalla finestra e cominciare un altro giorno. L’America, il sogno di intere generazioni che salivano sui bastimenti e attraversavano l’Oceano per cercare una vita migliore. L’America, il più perfido e potente intreccio di potere e denaro. Quanti imbrogli nasconde l’America dietro la sua Statua della Libertà, quante maschere capaci di ingannare e decidere le sorti di gran parte del mondo. Dietro quelle maschere ci sono tutte le contraddizioni di una società che ha incarnato da sempre il simbolo della forza, del potere. Quanti inganni sulla strada “bianca” dell’America dove tutto è possibile, anche l’impossibile.

Chiudere il libro e scriverne un altro non è mai facile, l’America non cambierà mai veramente. Ma forse sarà possibile scrivere una pagina migliore di quella scritta in questi quattro anni, dove il prezzo pagato a mister Trump è stato altissimo. Il muro di odio costruito da un miliardario diventato presidente è stato un insulto alla vita, fatto alla luce del sole e mai nascosto ai suoi elettori e al mondo intero. Chi ricorda, oggi, la campagna elettorale che lo ha portato alla Casa Bianca nel 2016? In quella campagna, in quel messaggio all’America e al mondo c’era tutta l’essenza di un potere comprato ed esercitato con il dio dollaro, facendo breccia nel peggio della società americana: il razzismo mai nascosto, l’omofobia, il disprezzo per ogni minoranza etnica. Un messaggio ascoltato e condiviso da molti, anche da quel Ku Klux Klan ancora vivo e dichiarato dopo la sua elezione da David Duke, storico leader del KKK: “La nostra gente ha svolto un ruolo enorme!”.

La promessa di erigere un muro ai confini con il Messico aveva eccitato tanti cuori razzisti, in America e nel mondo. Ma non è stata solo questa spinta razziale a spingere il tycoon alla Casa Bianca, è stata anche la follia del pensiero neoliberista di un capitalismo che doveva diventare il padrone assoluto dei destini e della vita delle persone: un’idea della società che non doveva riguardare solo gli USA, ma in grado di cambiare ogni assetto e coinvolgere chiunque nel mondo avesse saputo esprimere governi nazionalisti e autoritari. L’Europa, o gran parte dell’Europa, ha sposato e condiviso questo pensiero. Donald Trump si era presentato esattamente così, da subito, e per quattro lunghi anni ha sviluppato quel concetto di politica dove il nazionalismo si è mescolato con ogni forma di autoritarismo.

Trump ha giocato ogni carta per compiacere il proprio elettorato e per restare al comando. Per farlo non ha esitato di fronte a nulla, nemmeno a una pandemia che fino ad oggi ha provocato più di duecentomila morti, anzi in questa occasione ha mostrato una volta di più tutto il disprezzo nei confronti di quella parte del popolo americano che non ha i dollari che servono per avere diritto a cure mediche, per avere diritto ad essere considerati cittadini americani.

Lo stesso disprezzo mostrato verso gli afroamericani, le prime vittime di un sistema marcio e razzista nelle fondamenta più antiche: l’assassinio di George Floyd, il 26 maggio di quest’anno, ha sollevato intere popolazioni. Le proteste durate decine di giorni, di notti, hanno alzato una volta ancora il velo che da sempre copre e nasconde tutte le vergogne razziste compiute dalla polizia USA. Da Minneapolis si è alzato un grido che ha coinvolto tutta l’America. Dopo pochi mesi, ad ottobre, Derek Chauvin, l’ex agente della polizia di Minneapolis che ha ucciso George Floyd è libero: la sua cauzione, fissata a un milione di dollari, è stata pagata. Durante i giorni della protesta il presidente è rimasto barricato alla Casa Bianca, protetto da un cordone militare, e minacciando i manifestanti che circondavano la residenza presidenziale con una dichiarazione eloquente:

“Se i dimostranti riusciranno a superare la cancellata – ha detto – saranno accolti dai cani più feroci e dalle armi più minacciose che io abbia mai visto”. Non ha mai smesso un solo giorno di scaricare le colpe di quello che succedeva nelle piazze e nelle strade, non si è mai assunto nessuna responsabilità sull’operato della polizia, ma ha attribuito ogni colpa al movimento Antifa e alla sinistra radicale.”

Altri presidenti USA, prima di lui, hanno contribuito con ogni mezzo ad avvelenare il pozzo. La storia degli Stati Uniti è una storia che da sempre è scritta a due mani: una impugna una colt e l’altra impugna la Bibbia. È una storia di muscoli e trame sporche, dalle leggi razziste di un tempo mai cancellato definitivamente alle guerre fomentate in ogni angolo del pianeta, dal Vietnam alla regia delle dittature in America Latina, alle guerre in Afghanistan e in Iraq. Il tempo e la storia hanno spiegato al mondo che in Iraq non esisteva nessuna “arma di distruzione di massa”, e che forse, più che il petrolio, l’obiettivo primario era quello di ridefinire, o ristabilire, quelle relazioni e quella priorità di comando con l’Europa e l’Asia. Anche questa è l’America: un puzzle dove la Casa Bianca, la CIA, i petrolieri texani, i grandi capitalisti e i Chicago Boys siedono insieme al tavolo da gioco e distribuiscono le carte e le regole del gioco.

Ma il peso specifico degli USA è troppo importante nel mondo per girare la testa da un’altra parte e pensare che l’elezione del presidente sia solo una questione interna. Sapremo presto se Joe Biden saprà essere un presidente migliore e diverso. Il suo passato e la sua storia politica raccontano di un uomo al centro della politica americana da oltre quarant’anni, per la prima volta una donna entra alla Casa Bianca non come First Lady ma come vicepresidente. Fuori c’è un’America spaccata più che mai, e la gente continua a morire di Covid. Joe Biden dovrà affrontare il terreno minato che Trump ha costruito, una tela di ragno in cui ogni passo sarà difficile. Una parte del mondo ha seguito Trump in ogni sua follia: il brasile di Bolsonaro è quello che più di tutti ha marciato al suo fianco, ma anche in Europa i nazionalisti più estremi non mancano.

Non ho mai provato sentimenti profondi per gli USA, ma brindo alla caduta di Trump, brindo a tutti quegli americani che hanno alzato la loro voce contro di lui in questi quattro anni, e per questo hanno pagato un prezzo altissimo. Hanno lottato contro tutto e contro tutti, hanno subito insulti e minacce, hanno sfidato le botte e le pistole della Polizia di Trump. L’augurio per il popolo americano è quello di chiudere un libro terribile, ma di non dimenticare. La strada è sempre in salita e molto lunga e un mondo diverso forse è davvero un sogno che non sarà, ma questo non dipende solo dagli americani: è qualcosa di più grande e dipende da tutti noi.

Maurizio Anelli (Sonda.life) -ilmegafono.org