La cosmologia ci insegna che in principio non esisteva alcuna legge. A partire da quella presunta singolarità iniziale tutto ciò che per noi è ovvio ha preso forma: ogni legge fisica, ogni forza e processo presente in natura. È stato un processo spontaneo e casuale, dal quale è sgorgato l’universo che (ancora poco) conosciamo. La musica che abbiamo avuto il piacere di ascoltare attraverso Matt Mun, un valido musicista veneto appassionato di astronomia, è paragonabile al concetto appena espresso. Non a caso la sua ultima produzione discografica prende il nome di “Cosmography”.

Il genere proposto da Matt Mun (che è stato ospite dell’ultima puntata di “The Independence Play”, la nostra trasmissione radiofonica) trasmette l’impressione di essere stato plasmato senza seguire alcun riferimento, cercando di essere una diretta conseguenza dello stato del suo animo, frutto delle emozioni e delle nozioni compositive che lo strutturano. Un’arte spontanea e armoniosa, dentro la quale ciascuna delle tracce si leviga e si perfeziona con lo scorrere dei minuti, in un’evoluzione quantomeno affascinante e, almeno per noi, davvero di gradevole ascolto.

La musica di Matt Mun rientra in quello che in maniera molto attuale identifichiamo come synth-pop. Tra le dieci tracce che compongono “Cosmography” troviamo quindi una presenza costante di originale elettronica, che tuttavia non risulta essere pesante; è anzi priva di eccessi, di forte stampo anni ‘80, a tratti quasi fantasy, che però poi ci porta ad atmosfere cosmiche e futuristiche.

Nonostante i richiami al passato, è infatti un tipo di elettronica che vira abbastanza sull’indie, su dinamiche molto più attuali, ricercando qualcosa di più intimo e intenso, qualcosa di non comune che abbia un leitmotiv, un concept ben definito alla base, sganciandosi dal commerciale. “Cosmography” è stata in definitiva una bella scoperta, un punto di vista originale dal quale osservare il genere della musica elettronica, ma anche uno strumento attraverso il quale immaginare in maniera più definita le vastità cosmiche dell’universo che ci circonda.

Manuele Foti -ilmegafono.org

La copertina di “Cosmography”