Servizi tagliati e ridotti alla pura essenzialità, risorse dimezzate. Da Milano a Bologna, da Reggio Emilia a Firenze, sono diverse le città italiane in cui i bandi della Prefettura per l’accoglienza diffusa dei migranti (nei CAS, centri di accoglienza straordinaria) stanno andando deserti, per motivazioni riconducibili a un modello normativo non più rispondente alla via di una umana integrazione. Le associazioni, le fondazioni e le cooperative che se ne occupano non ci stanno, e il motivo è chiaro. La nuova politica sull’immigrazione del ministero dell’Interno sfavorisce e depotenzia la “seconda accoglienza” – quella degli SPRAR, costruita per andare al di là dei servizi di primissima necessità – a vantaggio dei grandi centri di permanenza: luoghi in cui, in sostanza, si viene collocati in attesa del rimpatrio (come quello milanese di via Corelli, di prossima conversione) e in cui le condizioni di vita e le “opportunità” tendono a rasentare la sopravvivenza.

Così, su questa scia, già a inizio primavera, il Comune di Milano si era ad esempio tirato fuori dalla gestione di 7 centri appaltati al privato sociale: dallo scorso 30 aprile competente è la Prefettura. Il motivo è la mancata risposta del ministero dell’Interno alla domanda di Milano di poter raddoppiare i posti di seconda accoglienza, da 422 a 1.000, nella direzione di una maggiore integrazione. Ben cinque cooperative lombarde a metà marzo scorso si erano invece ribellate ai bandi delle Prefetture con un’istanza di annullamento in autotutela. “Riteniamo questi bandi illegittimi per la palese volontà di penalizzare integrazione e inclusione”, diceva Valeria Negrini, portavoce dell’Alleanza cooperative sociali della Lombardia. Nei nuovi bandi, infatti, vengono meno servizi come l’insegnamento della lingua, il supporto psicologico, il trasporto (quello per raggiungere le scuole di italiano, ad esempio), e non solo.

Anche una realtà storica come la Fondazione Somaschi, concentrata sull’accoglienza in piccoli appartamenti, volta all’integrazione, ha deciso di non presentarsi: “Il nuovo bando della prefettura di Milano – dichiara il portavoce Valerio Pedroni – mortifica l’accoglienza diffusa riconoscendole un contributo inferiore a quello garantito all’accoglienza collettiva e decisamente più basso di quello riconosciuto dal bando precedente”. “Aspettiamo di capire – continua – quali saranno gli sviluppi. Fondazione Somaschi è disponibile a continuare la propria attività e a confrontarsi con le istituzioni per garantire un’accoglienza a condizioni ragionevoli. La questione ha una valenza complessiva e non solo economica e riteniamo che le richieste specifiche del bando, relative per esempio ai materiali monouso da utilizzare negli appartamenti, mantengano uno stato di provvisorietà e non garantiscano un’ospitalità finalizzata a integrare i migranti”.

Spostandoci da Milano, anche a Firenze (come riporta l’agenzia Redattore Sociale) il bando della prefettura per l’accoglienza migranti nei Cas è andato quasi deserto: su 1.500 posti offerti, sarebbero soltanto poco più di 300 quelli presi in carico dalle associazioni che si sono presentate, con rinunce come quella della storica cooperativa Albatros, che finora aveva sul territorio 250 migranti. Stesso discorso per la cooperativa Cristoforo, che al momento ospita circa 240 profughi e per la Diaconia Valdese, che finora ne ospitava una ventina. A Bologna, è arrivata addirittura una sola offerta per 40 posti sugli 800 messi a bando. “Le condizioni proposte dalla Prefettura sono insostenibili, anche rispetto ai pochi servizi richiesti, già talmente ridotti da far prevedere drammatiche ricadute sulle persone”, scrive in un comunicato il consorzio bolognese L’Arcolaio.

“Le cooperative sociali da tempo positivamente impegnate in progetti di integrazione e che avevano creato occupazione, soprattutto giovanile, in un settore fondamentale per la tenuta sociale del nostro Paese, hanno disertato le gare in quanto la nuova normativa azzera servizi fondamentali e dimezza le risorse. In un Paese normale, un ministro smentito quotidianamente dalle sentenze e da una realtà che, per fortuna, chiede di costruire un modello sociale diverso, sarebbe già dimenticato dalla storia” è il commento della Cgil da Facebook, con la segretaria bolognese Sonia Sovilla.

I Tagli: cosa accade in concreto? Con i nuovi bandi per l’accoglienza, la diaria riconosciuta dallo Stato per ogni persona accolta passa da 35 ai 21-26 euro previsti dal nuovo capitolato del ministero dell’Interno. Non ci si dovrà quindi più preoccupare di garantire l’insegnamento della lingua italiana, il supporto per la richiesta di asilo, la formazione professionale, la positiva gestione del tempo libero (attività di volontariato, di socializzazione con la comunità ospitante, attività sportive). Sparisce lo psicologo e diminuiscono pesantemente le ore minime settimanali dell’assistenza sociale. Nei Cas che ospitano sino a 50 persone viene chiesta la presenza dell’assistente per soli 28,8 minuti al mese per ospite contro 86,4 minuti dei vecchi bandi. E in strutture sino a 150 ospiti la media scende a 12,8.

Analoghi i tagli per la mediazione culturale: nei centri più piccoli ogni ospite potrà contare su 48 minuti al mese (prima 2 ore e 52,8 minuti); nelle strutture più grandi si scende addirittura a 19,2 minuti. Crolla anche l’assistenza sanitaria: nei Cas sino a 50 persone viene chiesta la presenza del medico per assicurare una media di 4 ore per ogni ospite all’anno, senza più l’obbligo di avere in struttura la presenza di un infermiere. Per i centri più grandi la media di presenza settimanale del medico per ospite scende a 19,2 minuti.

Filippo Nardozza (Sonda.life) -ilmegafono.org