Alberto Mancinelli, esperto e navigato musicista, si presenta alle nostre attente orecchie con un sound originale, posto su una frequenza che ci pare di conoscere ma che allo stesso tempo possiede qualcosa di differente. Probabilmente ciò è il frutto di numerose esperienze musicali, la predisposizione e la conoscenza profonda di molti generi, diversi tra loro. Mancinelli (che abbiamo avuto ospite nell’ultima puntata di “The Independence Play”, sulla nostra radio web) usa come punto di partenza l’indie-rock ed è da lì che poi si muove, con i suoi esperimenti e le sue contaminazioni sonore.

L’indie-rock nasce già per concezione come una vibrazione indipendente, che pulsa come qualcosa di insolito e innovativo. E la musica che ci ha fatto sentire Mancinelli è proprio tutto questo: qualcosa che giureresti di aver già sentito, ma non così bene, non con questa gradevolezza, con queste sfumature e con così tante influenze al suo interno.

Un’analisi attenta delle sonorità e delle melodie utilizzate da questo artista consente di mettere in chiara luce molte altre contaminazioni presenti all’interno della musica che ci propone: nei suoi brani si parlano velatamente linguaggi folk, country, alternative-rock o southern-rock. Si parla, inoltre, in maniera poetica, profonda, con pacata fermezza o con estrema calma, sempre con limpidezza, senza giri di parole o metafore. È un linguaggio musicale e testuale molto armonico e bello, che piace per varietà e contenuti, non solo musicali ma anche umani. Contenuti che possiamo trovare nell’ultima produzione discografica di Mancinelli, l’album intitolato “Tutto l’amore che c’era”.

Dieci inediti accomunati da un unico filo conduttore: l’amore e tutte le sue possibili espressioni. Non solo l’amore  fisico e sentimentale, ma anche quello legato a un luogo, a un particolare evento, a ciò che è stato o che sarebbe potuto essere. Un amore che si concentra sulle emozioni, sui dettagli che rendono effettivamente speciale questo sentimento. E “Tutto l’amore che c’era” è proprio un insieme di dettagli encomiabili, sfumature provenienti da una quantità di generi ampia e diversificata, posti tutti nel punto giusto, con estremo equilibrio. Un disco che offre un senso gradevole di ricchezza interiore e di quiete. Da ascoltare.

Manuele Foti -ilmegafono.org

La copertina del disco “Tutto l’amore che c’era”