L’olio di palma è uno dei protagonisti dei dibattiti ambientalisti e non degli ultimi tempi, vietato da alcune aziende ed evitato da molti consumatori. La questione riguarda principalmente il settore alimentare, ma non tutti sanno che l’olio di palma è utilizzato in modo consistente anche nella produzione di carburante. Tutto è iniziato quasi dieci anni fa, nel 2009, quando fu introdotta la direttiva europea sui biocarburanti: l’olio di palma è diventato la materia prima più economica e più diffusa nella produzione di biodiesel che finisce direttamente nei serbatoi delle auto. Si calcola che la maggior parte dell’olio di palma importato in Europa, circa il 51%, vada a finire proprio nel settore dei carburanti, mentre soltanto il 39% pare destinato al settore alimentare.

Le accuse mosse al biodiesel sono già da tempo note: le statistiche dimostrano che in alcuni casi sia anche più nocivo del carburante comune, per questo motivo la Commissione Europea vuole arginare il problema, legato soprattutto all’olio di palma. Per l’occasione, alcune ONG, ta cui Legambiente, hanno avviato la campagna #NotInMyTank, letteralmente “non nel mio serbatoio”, che si occupa di sensibilizzare i cittadini sui danni dell’olio di palma. I sondaggi in ogni caso, parlano chiaro: l’82% circa dei cittadini non è a conoscenza del fatto che nei biocarburanti ci sia olio di palma, mentre gran parte degli intervistati afferma di essere favorevole alla sua abolizione nella produzione di carburante.

Giorgio Zampetti, direttore esecutivo di Legambiente fa sentire la sua voce: “Volevamo combustibili più puliti per salvaguardare l’ambiente, invece abbiamo l’olio di palma, che distrugge le foreste, alimentando le auto diesel: è un paradosso insopportabile”. L’appello è rivolto anche a uno sviluppo concreto dell’economia circolare, nella quale i biocarburanti avrebbero un ruolo di primo piano, senza olio di palma.

Redazione -ilmegafono.org