Una bella scarica di energia, adrenalina pura da sfogare in musica, distorsioni, ritmi furiosi, parole di rabbia perfettamente attuali: tutto questo lo trovate nel primo omonimo album dei dDrop, uscito il 6 aprile scorso con l’etichetta (R)esisto distribuzione. I dDrop  (che abbiamo ascoltato nel corso di “The Independence Play” sulla nostra radio web) sono una band ferrarese che con molto coraggio ha scelto di tuffarsi in un genere particolare, il rapcore, che risulta molto complesso soprattutto se lo si fa utilizzando la lingua italiana. Il loro disco di esordio è un concentrato di potenza che scorre lungo dodici tracce, con un rap che si sporca il giusto e che si fa rispettare, riuscendo a farsi notare e a farsi capire, a non sparire in mezzo ai riff infuocati del metal.

L’Intro che apre il disco ci catapulta subito in un mondo sintetizzato e inaspettato e ci conduce a Wolf, seconda traccia, il cui ritornello («Il lupo perde il pelo e il vizio e non scompare») accende l’album e ci fa immediatamente capire che i dDrop sono i musicisti giusti per affrontare un mondo che non conosce regole e rispetto. Intimo massacro, invece, è inizialmente ipnotica e poi ci travolge in un’onda di suoni e di parole schiette che svelano il loro vero spirito, nudo e crudo, mostrandoci una verità che è come una notte buia, dove nessuna stella si affaccia a illuminare un destino infelice, che abbiamo bisogno di riscattare con orgoglio e dignità.

R.E.D. è un pezzo metal e ruvido da subito e ci esorta rabbiosamente ad aprire gli occhi prima che sia troppo tardi, a non abituarci a vivere muti e uniformati a un gregge anestetizzato ma ad avere invece il coraggio di rompere gli schemi e scegliere la nostra strada. Sempre e comunque. Dammi la verità è una traccia riuscitissima, grazie a un martellante effetto che ci fa rimbalzare tra elettronica e metal e ci mette alle corde come Rocky. Azzeccata è anche la citazione del film “Rocky Balboa” nel finale: «Ti dirò una cosa scontata, guarda che il mondo non è tutto rose e fiori, è davvero un postaccio misero e sporco […] un uomo vince solo se sa resistere».

In Mors tua vita mea, primo singolo estratto, i dDrop urlano consapevolmente che questa vita va percossa con ritmi pesanti e dicendo sempre la verità, anche quando è scomoda, mettendoci senza mezzi termini in guardia da un mondo di falsi e di cialtroni. La band ferrarese canta il disagio di chi vive in un mondo che non ascolta e manda l’onesto a fare da zebra nella Savana (Disagio). Bellissimo, in questo brano, è l’incontro tra chitarre e scratch di piatti.

In tutto l’album il ritmo è travolgente e pieno di rabbia, soprattutto quando la potenza delle chitarre si contende la scena con la potenza della voce, come succede ad esempio in Carne cruda, traccia nella quale i dDrop non hanno paura di vomitarci la loro indignazione e la loro condanna nei confronti di un mondo che si nutre di mode, movida, apparenze, invidie. Loro prendono posizione e puntano ad una vita autentica, dove possa essere garantito il diritto di andare avanti senza piegare i propri sogni. Questo è il brano forse più complesso, che prima ci percuote con un potente basso e dopo vi aggiunge chitarre e piatti.

L’esordio discografico dei dDrop è senza dubbio coraggioso, sa mettere in contatto, mescolare e rendere affascinanti mondi tra loro lontanissimi e spesso ostili come il metal e il rap. La voce stessa celebra questa mescolanza, perché sa essere rap e poi trasformarsi in un timbro scuro che spettina come solo il growl sa fare. Growl e rap. Growl, metal, bassi e batterie per riportarci prepotentemente alla straordinaria originalità dei Rage Against The Machine e al loro Nu metal o ai primi System of a down.

L’obiettivo è quello di mandarci in tilt e di lasciarsi ascoltare senza scampo, facendosi portavoce di gente che soffre e non può replicare. E allora brindiamo ai dDrop e a questo bell’esordio come ci insegnano a fare loro nel brano X files: mandando giù un “cocktail di veleno”.

FrankaZappa -ilmegafono.org

La copertina dell’album omonimo dei dDrop.