Il numero tre viene solitamente considerato il numero perfetto e allora è naturale attendersi qualcosa di veramente buono dal terzo lavoro discografico di un artista o di una band. Ci si aspetta quasi sempre una conferma o un’evoluzione, qualche variazione, un ingrediente in più, qualcosa che si lasci ascoltare e scoprire. I Nimby, band alternative rock calabrese, ci sono riusciti benissimo con il terzo disco della loro già ricca carriera, dopo l’Ep “A glimpse of world seen thru the eyes of an old tree” (2010) e l’album, praticamente omonimo, “Not In My Back Yard” (2013).

Nell’ultima loro fatica discografica, intitolata “Nimby II”, prodotto da La Lumaca Dischi in collaborazione con Overdrive Rec, questi ottimi musicisti, pur mantenendo la loro identità musicale, hanno scelto di cantare in italiano, mischiando così le inflessioni sonore proprie dell’alternative rock anglosassone anni ‘90 alla poetica propria della migliore tradizione rock italiana. “Nimby II”, titolo suggerito dalla scelta che fecero i Led Zeppelin nel 1969 con i loro primi album (“Led Zeppelin” e “Led Zeppelin II”), è un disco sincero, schietto, privo di orpelli letterari o musicali, ma proprio per questo riuscito, bello e gradevole da ascoltare.

Non è presuntuoso, rifiuta l’artificio, preferendo l’essenza, e in questo riesce a non risultare mai, nemmeno per un istante, banale. Ed è qualcosa di veramente difficile in un genere musicale molto ascoltato e popolare come questo. La commistione tra il rock, la psichedelia, i testi ben congegnati e la voce profonda e pulita di Tommaso La Vecchia, rende le otto tracce del disco un insieme eterogeneo che ci fa compagnia e ci spinge a sensazioni mutevoli.

“Nimby II” narra la realtà vista da un trentenne (come ha detto lo stesso Tommaso, front-man del gruppo, nel corso dell’ultima puntata di “The Independence Play” sulla nostra web radio), parla di contemplazione, di libertà, offre visioni che a volte sconfinano nel surreale, ma che si richiamano sempre alla vita vissuta, quotidiana, al mondo attuale, a noi stessi.

Opacità è il singolo che apre il disco, parlandoci di musica, di futuro, di fragilità, ma anche di presente, di come l’età scorra senza “scosse né strattoni”. Il tutto con un ritmo in crescendo che, a un certo punto, esplode tra chitarre distorte, cori, batteria ed effetti, con la voce che si fa più graffiante e rabbiosa. Sottovuoto ci parla di vuoto e lo fa dentro una cornice più visionaria, che conferisce al suo rock un’impronta più nostrana e meno british. C’è spazio anche per l’amore in questo album e la sua eco si sente in Goodbye my love, brano nel quale spiccano i synth e i cori, per un romantico saluto collettivo che poi si infiamma in riff di chitarra che riescono ad esprimere un dolce tormento.

È solo il preludio al rock spigoloso de La noia, il primo singolo estratto, un brano che cambia pelle e, a un certo punto, si trasforma, tuffandosi tra distorsioni sporche che sembrano spazzare via qualsiasi tentativo di annoiarsi. Questa capacità dei Nimby di sorprenderci, di non appiattirsi mai, la ritroviamo molto bene nella traccia successiva, Il grande libro del cane, dove l’atmosfera è quasi intima, gli strumenti si addolciscono in una dimensione essenziale e malinconica, accarezzata dal coro incessante che richiama il verso del cane e poi spezzata da un gioco di suoni distorti e segnata da un refrain che ha il tono di una invocazione.

Dopo la poetica Rijeka boat, che sa di mare e di rive silenziose dove nutrire i pensieri e l’anima, e Una manciata di grammi, che, in un coinvolgente rock, ci canta di libertà e di sensazioni di leggerezza, il disco si chiude con Universo, che ci invita ad un suggestivo viaggio interstellare, in una quiete dentro cui tutto è possibile.

Quello dei Nimby è un ottimo disco, nel quale si possono rintracciare le migliori caratteristiche tecniche del genere a cui si ispirano, con in più un concept testuale davvero interessante che assegna a ogni canzone una prospettiva, un pezzo di un mondo, umano o alieno, che si vuole raccontare nella sua essenza. È il primo disco in lingua italiana e poteva esserci il rischio di incappare in versi poco originali e piatti. Non è questo il caso. E allora avanti così.

Redazione Musica -ilmegafono.org

La copertina dell’album “Nimby II”.