Lavoro, fatica e cuore, ma soprattutto tantissima qualità: questi sono gli ingredienti di “Ultimo piano senza ascensore”, disco d’esordio dei Miqrà, trio siciliano nato tra Siracusa e Catania (che abbiamo avuto ospiti nell’ultima puntata di “The Independence Play”). Un album autoprodotto che uscirà il 30 gennaio prossimo e che è stato anticipato dal singolo estratto Delay. Nove tracce che, tra cantautorato d’autore e post-rock, ci raccontano storie di vita vissuta, una vita che spesso scorre «tra le stoviglie e la sigaretta di un’altra moglie umiliata e costretta» (come cantano nel brano di apertura Ad ogni goccia).

Siamo in generale abituati ad artisti che non si schierano, non prendono posizione; dei Miqrà possiamo invece dire, con convinzione, che essi si schierano eccome. E lo fanno con intelligenza e poesia. Prendono posizione, ma la loro è una rivoluzione non gridata, gentile. «Barcollo ancora un po’», cantano, mentre sono ubriachi di umanità. La loro poesia e la loro musica sembrano un tutt’uno e fanno bene al cuore. Ne risulta un’armonia che a volte è secca e fa bruciare la gola, altre volte risulta più fluida e riesce ad allungare i pensieri e le parole.

Radioattività è una canzone appassionata, che parla con poesia delle donne  andate via e del modo dolcissimo di avvertirne la mancanza. Delay, il singolo estratto, è sicuramente una traccia riuscita, meravigliosamente sporcata dal suono dell’armonica. È un augurio di pace alle tante realtà che spesso incontriamo, senza dargli il peso che meriterebbero. I Miqrà qui mostrano di saper amare, andando oltre «la linea gialla della metropolitana di un amore distorto come un delay che non suona mai». Bellissimo l’assolo acustico presente nel brano e il ritmo quasi reggae che sa di estate, di sciabordare di onde.

Nella loro musica c’è voglia di purezza, di ribellarsi a un mondo che non va e alla statistica (come nel brano Ribellione alla statistica), di vivere la disobbedienza romantica e spicciola e quel rifiuto a convenzionarsi fatto di gesti dolcissimi, arruffati, slegati, modi di essere che risultano piccoli, continui pensieri, continui regali d’amore. Perché anche la musica alla fine è un delizioso ulteriore dono che, quando lo vorremo, potremo sempre ascoltare. In questo brano, la voce cresce insieme all’empatia, in una ballata dal retrogusto amaro che poi esplode in un urlo innamorato.

In Camilla, invece, i Miqrà riescono a brindare nuovamente ad una donna, ma lo fanno con base e synth e con un utilizzo intelligente, quasi jazz, che convince. La musica è sempre delicata e curata, anche nell’uso delle percussioni (che sono davvero sublimi).

“Ultimo piano senza ascensore” è un album di rivoluzioni ed evoluzioni spesso forzate da assenze che ancora bruciano e ci portano a inseguire l’amore per ridere ancora forte «e pulirci il culo con questa morale». Assenze che ricorrono e che troviamo in Per colpa del cemento e in Una cosa che mi manca di te. Quest’ultima traccia è l’elenco di mancanze più accurato, profondo, indispensabile che si possa immaginare. Riassumibile nell’ultima strofa: «Se c’è una cosa che invece mi manca di me sei tu». Bellissimo l’uso delle distorsioni che distorcono la musica come spesso si distorcono i ricordi nella solitudine. Suoni distorti che poi trovano una loro quiete nelle chitarre, che riportano ordine e profondità.

I Miqrà ci piacciono pienamente, ci convincono con i loro messaggi universali (come in Serotonina, quando cantano «che stupida invenzione i confini tra le nazioni e tra le nostre mani»). Allora ci piace pensare a quest’album come ad una presa di posizione pulita e dolce contro l’indifferenza, l’odio e la guerra. Il peso della bellezza che esprimono si muove tra le tracce con il portamento di una donna mai banale, che sa sedurre e muoversi traballando sui tacchi. Meritano ascolto. Meritano di essere compresi appieno, assaporando, in un cocktail avvincente, la loro musica e le loro parole.

FrankaZappa -ilmegafono.org

La copertina dell’album “Ultimo piano senza ascensore”.