Dopo il caso Weinstein, la prima ripercussione italiana ha un volto: Fausto Brizzi. A distanza di qualche giorno dalla messa in onda del servizio di Dino Giarusso a “Le Iene”, le vere notizie sono due: la prima è che la Warner Bros Entertainment Italia ha confermato l’uscita dell’ultima produzione cinematografica di Natale firmata Brizzi, “Poveri ma ricchissimi”, dissociandosi però in maniera alquanto categorica dal regista e sospendendo quindi «ogni futura collaborazione»; la seconda, ed è significativa, è che per il momento lo stesso Brizzi non ha (ancora?) sporto querela.

Prima di avventurarsi a fare qualsiasi tipo di valutazione in merito, bisogna considerare che, per quanto riguarda le molestie o violenze di natura sessuale, sul lato legislativo c’è ancora molta strada da fare: in Italia, per denunciare uno stupro si hanno solo sei mesi di tempo dall’accaduto, mentre per una molestia i tempi si dimezzano. Tuttavia il problema da affrontare non è soltanto quello legato agli strumenti giuridici a disposizione. Come se non bastasse, un’altra grande violenza si consuma nella sfera pubblica, come effetto collaterale di questa ondata di pesanti accuse nei confronti del regista romano, e ci si riferisce alle varie dichiarazioni di persone e personaggi più o meno noti che si sentono chiamati in causa (o da altri) per dire la loro sull’argomento.

Fermo restando che al momento il garantismo nei confronti di Brizzi è indiscutibile e che ognuno ha il sacrosanto diritto di formarsi un’opinione ed esprimerla qualora venisse interpellato, l’intervento del regista Neri Parenti ai
microfoni di Radio Capital, in merito alla vicenda, suscita non poche perplessità e lascia un grande senso di amarezza: «Non me lo spiego. Anche sul discorso di cercare la notorietà, in realtà se tu fai un’intervista a volto coperto la notorietà non ce l’hai e poi questo per la tua carriera professionale non è un aiuto. Io una di quelle signorine non la prenderò mai per i miei film».

Al netto di una fallita argomentazione logica nel ragionamento di Parenti, il tentativo di screditare delle giovani aspiranti attrici (due delle quali, Alessandra Giulia Bassi e Clarissa Marchese, peraltro lsi espongono in prima persona) è facilmente realizzabile senza molti sforzi, specie dalla sua posizione. E con l’ultima frase egli non perde l’occasione di ribadirla, la sua posizione. Si chiamerebbe arroganza del potere.

Il mondo dello spettacolo è un settore come tanti, ma sia chiaro che gli strumenti con cui operano i professionisti che ci lavorano (dietro e davanti alle quinte) sono molto diversi da quelli che si usano normalmente in un qualsiasi altro ambito lavorativo. Averci a che fare quotidianamente con la propria immagine presuppone saper costruire, mantenere e gestire una sorta di “reputazione”. Se è scontato considerare il famoso Brizzi innocente fino a prove
certe, dev’essere altrettanto scontato rispettare la sola possibilità che nelle (pesanti) accuse delle poco note attrici ci sia anche solo un briciolo di verità. C’è anche chi sottolinea che le denunce vanno fatte presso gli enti di competenza e non in televisione, rimproverando subdolamente le modalità con cui queste testimonianze sono uscite.

Da un lato, quindi, la trasmissione viene accusata di sciacallaggio mediatico, dall’altro le attrici stesse sono ulteriormente biasimate per averlo raccontato (solo!) davanti ad una telecamera, peggio ancora se con il volto oscurato. Occorre forse ricordare che l’aver subito molestie o violenze, specie se di un certo spessore, comporta, anche a distanza di anni, una difficile convivenza con un fardello emotivo che mai si estinguerà. Non si supera un’esperienza del genere, al massimo si impara a gestire. C’è chi diventa bravo a farlo, c’è chi non impara mai.

Ma prima di puntare il dito, prima di divulgare, con saccenza, ricette universalmente valide su come e dove si fa un casting e quali sono le tempistiche corrette per sottrarsi ad eventuali avance, prima di bacchettare queste donne per aver raccontato dei fatti gravi in contesti “non idonei”, bisogna conoscere il bagaglio di queste persone che, al di là del volto coperto o nascosto, si sono esposte e si stanno prendendo dei rischi. Voler prendere le difese di un amico o collega è lecito ma, fra tutti, Parenti ha sicuramente perso una grande occasione: quella di tacere. Si chiamerebbe buonsenso.

D’altronde, però, se la sua visione del mondo femminile fosse davvero quella che traspare dai personaggi femminili rappresentati nei suoi film, non ci sarebbe da stupirsi. In questa vicenda il nocciolo della questione non riguarda tanto il contrasto maschi contro femmine (ogni citazione è puramente casuale), come qualcuno vuol far passare,
quanto quello fra potenti e deboli, ma questo, si sa, è un atavico, irrisolto problema.

AdrenAlina – ilmegafono.org