Secondo un recente rapporto dell’agenzia europea dell’ambiente, “Air quality in Europe: 2017 report”, le polveri ultrasottili (quelle con un diametro che non supera i 2,5 millesimi di millimetro) ogni anno causano la morte di 428 mila cittadini europei. Maggiore responsabile di questo inquinamento sembra essere l’agricoltura intensiva, con il 94 per cento di emissioni di ammoniaca e il 53 per cento di metano che si trovano, come ospiti indesiderati, nell’aria che finisce nei nostri polmoni, e anche con circa il 15 per cento di polveri sottili, uno degli inquinanti più micidiali.

I danni non si limitano solo al costo di vite umane, ma anche ai costi economici che si misurano in termini di spese sanitarie, perdita di giornate di lavoro, diminuzione dei raccolti, danni al suolo, alle foreste, ai fiumi. Se in questo caso, il settore agricolo è dipinto come il maggior imputato della causa, solitamente è sempre stato la vittima dell’inquinamento dell’aria. Anche lo stesso studio sottolinea come l’agricoltura, infatti, subisca danni alla vegetazione e agli ecosistemi e, in particolare, come il tetto massimo di ozono troposferico consentito venga superato, provocando conseguenze pesanti sulla produttività dei suoli. Inoltre, il 7 per cento degli ecosistemi europei è minacciato dall’acidificazione dell’aria.

Ma se, da un lato, il comparto agricolo è vittima di questa situazione, dall’altro è anche corresponsabile, in quanto consente la strada delle colture intensive che hanno un alto impatto ambientale, comportano un uso massiccio di chimica di sintesi e hanno bisogno di un consistente consumo di petrolio.

“L’agricoltura è diventata una fonte importante di inquinanti dell’aria e di gas serra – si legge nel rapporto europeo -. Un quadro che comporta un costo sanitario considerevole: le malattie del cuore e gli infarti sono le più frequenti cause di morte prematura attribuibili all’inquinamento atmosferico; seguite dalle malattie polmonari e dal tumore ai polmoni. L’agricoltura è la terza fonte di emissioni primarie di PM10. Inoltre l’uso dei pesticidi comporta emissioni di Pops, gli inquinanti organici persistenti che si accumulano nei grassi e provocano danni che vanno dai difetti genitali alla nascita ai tumori”.

Se si prendono in considerazione i valori suggeriti dall’Organizzazione mondiale, la percentuale di persone esposte all’inquinamento atmosferico è davvero alta: l’82-85 per cento risulta a rischio per le PM2,5; il 50-62 per cento per le PM10; il 95-98 per cento per l’ozono troposferico; e l’85-91 per cento per il Benzo(a)Pirene.

Se si analizza anche il nostro Paese, infine, la situazione non è di certo migliore, come dimostra lo studio, “La sfida della qualità dell’aria nelle città italiane”, firmato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile. In Italia, il 96 per cento del totale delle emissioni di ammoniaca deriva dai fertilizzanti azotati, organici e di sintesi, e dalle deiezioni degli animali allevati. Inoltre, la volatilizzazione dell’ammoniaca contribuisce attivamente alla formazione di aerosol e, quindi, di particolato in atmosfera con conseguenze negative sulla salute e sulla visibilità. Se si è assistito tra gli anni ‘90 e gli inizi del 2000 a una diminuzione del 18 per cento delle emissioni di ammoniaca nel settore agricolo, negli ultimi anni questo processo è rallentato, mettendo in seria difficoltà la possibilità di raggiungere i target europei per il 2030.

Veronica Nicotra -ilmegafono.org