Se l’emergenza smog era stata già critica in primavera, con l’arrivo dell’autunno la situazione non sembra essere per niente migliorata. Questo è quanto viene illustrato in un recente report di Legambiente, “L’emergenza smog e le azioni (poche) in campo”, nel quale si denunciano i ritardi di regioni e sindaci, ovvero i principali responsabili dei “Piani di risanamento dell’aria”, che in questi mesi avrebbero dovuto definire azioni ad hoc e misure stagionali nei rispettivi piani di risanamento e attraverso le delibere stagionali.

Quest’anno, il picco di polveri sottili nell’aria, infatti, non ha nemmeno aspettato il rigido inverno ed è arrivato con largo anticipo, prima in primavera e poi in autunno. Di certo, a rendere questa situazione esasperante sono i cambiamenti climatici e poi la mancanza di interventi strutturali da parte di regioni e sindaci per arginare il problema. Si tratta di ben 25 città che hanno superato il limite di 35 giorni, con una media giornaliera oltre i 50 microgrammi per metro cubo previsto per le polveri sottili (PM10). La peggiore è Torino con 66 giorni di superamento di PM10, seguita da Cremona, Padova, Frosinone e Milano.

I primi ritardi nel fronteggiare il problema delle polveri sottili arrivano proprio dalle regioni del nord, che ogni anno sono le prime “vittime” di questa emergenza. In Italia purtroppo si continua a morire per l’aria inquinata, con oltre 60 mila morti l’anno a causa appunto dell’esposizione a inquinamento da polveri sottili, ossidi d’azoto e ozono.

“Per fronteggiare l’emergenza cronica dello smog, che risente sempre più dei cambiamenti climatici – dichiara Rossella Muroni, presidente nazionale di Legambiente – servono interventi strutturali e azioni ad hoc sia a livello nazionale sia a livello locale e regionale. Il protocollo antismog firmato a giugno, se da una parte ha cercato di uniformare le strategie antinquinamento dei piani regionali e dei provvedimenti d’urgenza, dall’altra parte da solo non basta e non può riguardare solo le regioni più inquinate del nord Italia, dato che il problema smog riguarda tutte le città d’Italia. Per questo è importante che venga esteso anche alle altre regioni della Penisola”.

Tra le cause del problema si registrano il dietrofront della Lombardia sulla messa al bando, nel semestre invernale, degli Euro 3, e il ritardo del Veneto che, a fine novembre, ha emesso delle linee guida relativamente al blocco degli Euro 3 nel caso in cui zone/agglomerati raggiungano il livello di criticità 2, solo che poi il piano non è stato rinnovato lasciando così i sindaci senza indicazioni.

Ma questi sono solo alcuni motivi, perché le città italiane risultano parecchio indietro rispetto alle sorelle europee. Ad esempio l’Inghilterra ha annunciato la fine delle vendite del diesel nel 2040 e ha investito un miliardo di sterline per la mobilità elettrica, con l’obiettivo di finanziare il retrofitting dei bus e delle auto pubbliche. La Scozia, invece, ha deciso di anticipare il divieto di vendita dei motori a combustione interna al 2023. La Francia, infine, sta attuando un coraggioso piano di riorganizzazione dei trasporti, dimezzando il numero delle automobili e vietando progressivamente quelle più inquinanti entro il 2025.

Tra le proposte avanzate da altri Paesi europei vi è quella dell’abbassamento dei limiti di velocità autostradali: 110, 100 e persino 80 Km/h. In Italia però i limiti restano sempre uguali, ovvero 130 Km/h.

Legambiente ribadisce che, per liberare le città dalla cappa dello smog, è fondamentale che le regioni attuino piani e misure e mettano a disposizione nuovi fondi da destinare a progetti innovativi, a partire dal settore della mobilità. Per l’associazione ambientalista non si può più perdere tempo ed è importante che le città urbane, sempre più sofferenti, ridisegnino le loro vite in maniera più sostenibile, sfruttando tutto ciò che di positivo finora è stato fatto.

Veronica Nicotra -ilmegafono.org