A distanza di 23 anni, le forze dell’ordine e, nello specifico, i carabinieri di Reggio Calabria, sono riusciti a trovare ed arrestare il boss Giuseppe Giorgi, latitante dal lontano 1994 e capo della cosca Romeo, una delle più attive e pericolose ‘ndrine della regione. Al momento della cattura il boss si trovava nascosto in un bunker sopra il camino di casa, a San Luca, cittadina tristemente nota per numerosi, tragici fatti di mafia. Un nascondiglio che, a detta degli inquirenti, sarebbe servito solo in caso di perquisizioni come quella avvenuta la settimana scorsa.

Questa volta, però, tutto ciò non è bastato: l’arresto è stato eseguito e per Giorgi, detto anche “u capra”, la condanna da scontare ammonta a 28 anni e 9 mesi. Quel che ha fatto più scalpore, però, è stato sicuramente il vile e vergognoso baciamano avvenuto subito dopo l’arresto. Sebbene scortato dai carabinieri, infatti, lungo il tragitto che l’ha portato all’auto il boss è riuscito a salutare e a farsi salutare da alcuni “ammiratori”, i quali hanno persino baciato le mani dello stesso. Una scena raccapricciante che fa indignare e provare una profonda rabbia.

Le domande sono tante: perché è stato permesso, nonostante una presenza cospicua di agenti, che ciò avvenisse? E poi: con quale coraggio si può baciare la mano di un boss ricercato da anni e che non ha fatto altro che gestire il malaffare di un’area, la Locride, martoriata e consumata dal sangue e dalla violenza delle ‘ndrine?

Ad entrambi i quesiti, purtroppo, è difficile rispondere razionalmente. Se alla prima potrebbero rispondere gli agenti che hanno acciuffato il boss, alla seconda non ci sarà facilmente risposta, perché ci vorrebbe innanzitutto un vero e proprio miracolo sociale e culturale. A tale miracolo, malgrado tutto, crede fortemente il vescovo di Locri, monsignor Francesco Oliva, il quale qualche giorno dopo l’accaduto ha voluto dare un segnale molto forte all’intera comunità. Per prima cosa egli ha sospeso diverse funzioni parrocchiali previste per il 21 giugno nella chiesa madre di San Luca (in cambio verrà rispettato un giorno di digiuno e preghiera); in secondo luogo, si è rivolto direttamente ai cittadini con una lettera dai toni duri, aspri, totalmente condivisibili.

“A voi tutti – ha esordito il vescovo – chiedo un sussulto di umanità e di conversione sincera alla vera fede”. Riferendosi al gesto del baciamano, monsignor Oliva ha affermato che “inchinarsi al potere umano, e ancor di più al potere mafioso, rende schiavi e uccide la speranza”. Poi un monito prettamente sociale e politico per dei cittadini il cui comune, peraltro, è stato sciolto per mafia nel 2013 e da allora non ha un consiglio, una rappresentanza politica (proprio quest’anno, infatti, le liste elettorali non sono state neppure presentate in vista delle elezioni, a dimostrazione di una crisi sociale profonda): “È necessario – ha detto Oliva – che voi comunità locale riprendiate in mano le vostre sorti politiche e amministrative secondo le regole democratiche”.

“Non dobbiamo dimenticare – ha aggiunto – che lo Stato siamo noi e che ogni buona amministrazione dipende dalla coscienza civile di ognuno di voi”. Un ultimo riferimento, infine, a quei cittadini che in un certo senso feriscono e fanno ancor più male, ossia quelli che tacciono: “Anche i silenzi omertosi uccidono il futuro e la speranza dei giovani ed è assurdo pensare ad un futuro attraverso il malaffare, i traffici illeciti ed ogni altra forma di illegalità”. Per fortuna, però, secondo il vescovo non tutti i cittadini di San Luca e dell’area circostante possono essere ritenuti colpevoli. Il vescovo, infatti, si rivolge proprio a loro quando dice che “i figli non possono pagare le colpe dei genitori” e che “insieme siamo chiamati a farci carico delle debolezze e fragilità” di chi ci sta intorno.

Insomma, in un’area in cui la criminalità organizzata esercita da sempre il controllo quasi totale del territorio, non può che far piacere apprendere che esponenti di primo piano della comunità religiosa decidano di prendere posizione contro la criminalità. Il gesto e le parole di Oliva sono molto importanti anche per segnare una discontinuità con altri esponenti della Chiesa che, spesso, in Calabria, hanno taciuto o perfino accettato inchini e ingerenze della ‘ndrangheta nel culto e nei riti.

Davanti alle parole di Oliva, il pensiero non può che andare a Pino Puglisi e al suo grandissimo sacrificio: di sicuro in certi contesti anche la Chiesa può essere fonte di speranza e punto di forza di quella rivolta sociale e culturale necessaria contro il potere, rappresentato dalla criminalità organizzata. Perché sperare e cambiare è possibile. Anche a San Luca. Anche nel paese del baciamano al boss.

Giovanni Dato -ilmegafono.org