Le emissioni di gas serra derivanti dall’agricoltura sono sicuramente un fenomeno che influisce sulla salute del nostro Pianeta. Dal 1990 a oggi, infatti, sono aumentate del 20 per cento e, dal 1960, sono praticamente raddoppiate. Tra le varie economie del mondo, i Paesi che mostrano un’agricoltura sostenibile sono quelli del G7, anche se non mancano delle eccezioni. Secondo il Food Sustainability Index, realizzato da Fondazione Barilla e The Economist Intelligence Unit, che analizza 25 Paesi che rappresentano oltre i due terzi della popolazione mondiale e l’87 per cento del Pil globale, nello specifico le nazioni che possono vantare una produzione agricola più sostenibile sono Germania, Canada e Giappone.

La grande potenza statunitense, invece, resta al 19esimo posto, vicino a quei Paesi che hanno difficoltà a raggiungere questi obiettivi. In questa classifica l’Italia si trova al settimo posto, con un punteggio di 59.81 su un totale di 100: ciò vuol dire ben sopra i 50.73 punti totalizzati dagli Stati Uniti. Tema al centro di Seeds&Chips – The Global Food Innovation Summit, organizzata da Food Tank, è l’impatto che le scelte alimentari hanno sull’ambiente: è necessario stabilire degli investimenti da mettere in campo per sviluppare nuovi sistemi di produzione agricola che siano in grado di limitare il loro impatto sui cambiamenti climatici.

L’Index, inoltre, sostiene che i Paesi del G7 sembrano essere quelli più attenti alla “qualità della Ricerca&Sviluppo e all’innovazione nella produzione agricola”: nella top 10 di questo specifico indicatore, sono ben sei i Paesi più industrializzati presenti, ma l’Italia è l’unica a restarne fuori; il Regno Unito, invece, è primo con 78.72 punti; bene anche l’impegno degli Stati Uniti che si piazzano al settimo posto grazie ad un punteggio di 55.48, a dimostrare la volontà di superare i limiti riscontrati nell’impatto ambientale che la produzione agricola fa registrare.

“Combinando tecnologie avanzate con i sistemi agricoli tradizionali e con le conoscenze indigene – dichiara Danielle Nierenberg, presidente di Food Tank e membro dell’Advisory Board di Fondazione Barilla – possiamo trovare modi per migliorare la produzione agricola e contribuire a salvaguardare l’ambiente”. Non sono infatti utopie, ma esistono davvero esempi di colture indigene integrate con sistemi di sviluppo tecnologico, che hanno dato risultati concreti.

Possiamo citare l’esempio del Kenya, dove gli agricoltori che collaborano con World Agroforestry Center coltivano alberi che fissano l’azoto, fonte naturale di fertilizzante per le colture, un metodo che può incrementare la produzione fino al 300 per cento. Buoni esempi anche in Cambogia, dove gli agricoltori utilizzano la tecnica Sri (System of Rice Intensification) che aumenta la produttività del riso e consente di risparmiare risorse idriche, migliorare la consistenza del suolo e aumentare le rese fino al 150 per cento. In Indonesia, infine, l’adozione di metodi di coltivazione naturali permette agli agricoltori che praticano il biologico di produrre 60.000 tonnellate di riso l’anno, abbattendo del 40 per cento i costi di produzione.

Barilla Center for Food&Nutrition, insieme alla Fondazione Thomson Reuter, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica su questi temi, ha promosso il Food Sustainability Media Award, un premio internazionale per coloro che denunciano fatti rilevanti inerenti al cibo e per chi allo stesso tempo trova delle soluzione per risolvere determinati problemi. Al concorso si può presentare qualunque tipo di contenuto multimediale: articoli, foto e video inediti o già pubblicati, legati alla sicurezza alimentare, alla sostenibilità, all’agricoltura e alla nutrizione.

Il premio, infine, vuole mettere in evidenza i tre maggiori paradossi che interessano il sistema alimentare mondiale: “Fame vs obesità”, cioè per ogni persona malnutrita nel mondo ce ne sono due obese o sovrappeso; “Cibo vs Carburante”, ossia nonostante ci siano Paesi in cui il problema della fame e della malnutrizione continua ad essere una piaga, un terzo del raccolto di cereali viene utilizzato per dare da mangiare agli animali o per produrre i biocarburanti; “Spreco vs Fame”, cioè si stima che ogni giorno vengano sprecati 1,3 miliardi di tonnellate di cibo commestibile, ovvero una cifra esorbitante, quattro volte la quantità necessaria a sfamare 795 milioni di persone malnutrite in tutto il mondo.

Veronica Nicotra -ilmegafono.org