Il fiore della legalità sboccia a Lecco, in Lombardia, dove un edificio, una volta di proprietà della ‘ndrangheta e successivamente confiscato, è stato consegnato alla comunità. Un altro segno di un battaglia che non ha mai fine, ma che spesso porta dei risultati positivi che danno speranza.

Lo scorso sabato, infatti, sono stati aperti per la prima volta i battenti della pizzeria Fiore – cucina in libertà, un luogo dove non solo si potrà mangiare della buona pizza, ma soprattutto in cui verranno svolti dei progetti che hanno alla base tre scopi comuni: l’integrazione sociale, l’aiuto in ambito lavorativo per persone svantaggiate e la cultura. Tutti questi obiettivi sono, naturalmente, il compimento di un lavoro lungo e per niente facile che l’associazione “Libera”, in collaborazione con diverse imprese della zona (tra cui “La Fabbrica di Olinda e “Auser Lecco), ha portato a termine dopo diversi anni di sacrifici e lotte per far sì che l’edificio tornasse in mano alla comunità.

La struttura, infatti, è appartenuta alla ‘ndrangheta per diverso tempo, a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90: anche all’epoca si trattava di una pizzeria, Wall Street, solo che, a differenza di oggi, in quei locali si riunivano i membri del clan mafioso Trovato (tra cui lo stesso boss dell’epoca Franco) e lì venivano gestiti gli affari di mafia di una delle famiglie più pericolose trapiantate in Lombardia. Fu solo nel 1992 che l’edificio venne sequestrato e il boss del clan arrestato, dando però spazio ad un futuro buio ed incerto in cui non si è fatto praticamente nulla per la riqualificazione dello stesso locale.

Adesso, a distanza di 25 anni, questo luogo che puzzava di mafia, ritorna a vivere e, questa volta, a profumare di libertà e giustizia. Come già accennato, Fiore non sarà solo una pizzeria, bensì un luogo di incontri e di riflessioni: le pareti verranno tappezzate di libri (qui sarà possibile realizzare il book crossing, uno scambio di libri equo e completamente gratuito), a dimostrazione del fatto che la cultura è, da sempre, il perno centrale per la conquista della legalità; inoltre, verranno realizzati dei percorsi formativi orientati all’inserimento di persone svantaggiate nell’ambito del lavoro e ai quali parteciperanno, tra le altre, istituzioni quali il Dipartimento di salute mentale dell’ospedale di Lecco.

Inoltre, i prodotti alimentari utilizzati saranno a chilometro zero e con un’attenzione elevata non solo alla qualità, ma anche al processo di lavorazione degli stessi prodotti, poiché la legalità possa avere il sapore più buono che esista. All’inaugurazione hanno partecipato diverse associazioni tra cui, appunto, “Libera”così come l’Agenzia Nazionale dei beni confiscati, la Fondazione Comunitaria del Lecchese e, ovviamente, il comune di Lecco e la Regione Lombardia (queste ultime tre incaricatesi dei costi per la realizzazione dell’edificio).

È proprio dall’associazione di Don Ciotti che arriva un monito di cui dobbiamo, però, prender nota: l’assegnazione dei beni, infatti, è ancora uno dei problemi a cui non si è dato una risposta definitiva e ce lo ricorda Davide Pati, responsabile dei beni confiscati di “Libera”, quando afferma che “il meccanismo della restituzione alla collettività dei beni confiscati va reso più rapido” e che ci sono ancora “dei disegni di legge fermi in Senato che vanno sbloccati”.

Perché i fiori della legalità continuino a sbocciare ed a moltiplicarsi ci vuole, senza ombra di dubbio, un impegno proficuo e costante da tutte le parti: istituzionali, politiche, sociali. La criminalità organizzata, con le confische, subisce un duro colpo ed è per questo che, come si è visto in passato, prova a riprendersi i beni, non si arrende. Per tale ragione ci si aspetta una maggior efficienza dello Stato nell’ambito di un problema così critico e di immediata urgenza quale la confisca e la riassegnazione dei beni mafiosi.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org