In Italia il diritto all’aborto è tutelato dalla legge n.194 del 1978. In questa normativa si garantisce la libertà a una donna di poter scegliere di interrompere la gravidanza entro i primi 90 giorni di gestazione. Nella legge, però, è inserito un articolo a tutela dei medici cosiddetti “obiettori di coscienza”, cioè coloro che si rifiutano di praticare l’interruzione volontaria di gravidanza. Sono coloro che si professano difensori del diritto alla vita. In Italia circa il 70% dei ginecologi si definisce obiettore e non pratica l’aborto. Anche la Lombardia mantiene gli stessi dati.

Un paradosso, visto che questa regione aveva fatto da apripista all’epoca della promulgazione della legge e che ora vede invece aumentare il numero di obiettori di anno in anno, sostenuti anche da chi guida la regione, Formigoni e successivamente Maroni, da sempre oppositori dell’aborto.

La legge n.194, in un altro articolo, garantisce ad una donna il diritto di compiere l’interruzione volontaria di gravidanza in qualunque struttura ospedaliera: o almeno dovrebbe garantire. Sì, perché parecchie strutture sono composte al 100% da medici obiettori. Per una donna riuscire a prendere la decisione di abortire, qualunque sia il motivo che la porti a questa scelta, non è mai facile. Eppure una volta che riesce a convincersi che sia la cosa giusta da fare, arrivata alla struttura sanitaria, dove dovrebbero garantirle l’aborto, si trova la porta chiusa in faccia.

Questo accade anche in Lombardia, in cui dal 2012 si è visto un incremento di strutture private che fanno capo a istituzioni religiose e no profit. In questi consultori si può trovare qualsiasi servizio di mediazione e il sostegno psicologico, ma non l’attuazione della legge n.194. I medici non obiettori hanno denunciato il fatto, accusando la regione di tutelare questi consultori e di osteggiare l’applicazione della legge n.194. Il fatto è gravissimo, poiché una donna si trova a dover consultare diversi ospedali o strutture sanitarie prima di poter trovarne uno che le garantisca l’interruzione anticipata della gravidanza. Si trova a dover aspettare, e quindi continuare a ripensare al fatto, trovandosi assalita dai sensi di colpa, provocati dai medici obiettori.

Spostandoci dai confini nazionali, un altro fatto increscioso degli ultimi giorni, è la legge n. 25 approvata dal Senato del Texas, normativa che garantisce ai medici la discrezionalità nel nascondere ad una donna incinta che il feto ha gravi malattie o deformazioni genetiche, per far sì che non si prenda neanche in considerazione l’idea di un aborto. Orribile pensare che una donna non possa fidarsi del medico che ha di fronte, che potrebbe non dirle la verità per evitare che possa compiere una scelta, togliendole così un suo diritto e una sua libertà.

Sono passati 39 anni dalla promulgazione delle legge n.194 ma ancora questo diritto non trova la piena applicazione nel nostro paese; anzi invece che progredire, sembra che le cose continuino a peggiorare. Le donne in questa situazione vanno tutelate e rispettate in ogni loro scelta e decisione.

Mattia Cavalleri (Sonda.life) – ilmegafono.org