La violenza non è mai giusta, o meglio dovrebbe essere l’ultima soluzione, quella più estrema, quando alcune circostanze possono produrla nel tentativo di rivendicare un diritto o di difenderlo. Scendere in piazza dovrebbe essere un’azione democratica pacifica, anche quando il clima è pesante e le questioni sono urgenti. Pacifica per entrambe le parti: per chi rivendica e per chi tutela l’ordine. Quello che si scatena dopo e che trasforma la democrazia in una triste guerriglia tra cittadini è una distorsione del sistema. E, al di là degli eccessi, è inutile pensare alle azioni degli uni o degli altri attori coinvolti, perché quando scoppia la guerra le responsabilità principali non sono mai dei soldati.

A Napoli è accaduto quello che accade in molte altre piazze e, come sempre, dopo si assiste alla retorica tra chi difende la polizia e chi difende quelli che vengono sbrigativamente chiamati antagonisti. In pochi si concentrano davvero sull’analisi di quel che è avvenuto, sulla consueta, incontrollata infiltrazione di black bloc, di gruppuscoli che non perorano alcuna causa, ma le inquinano tutte con la loro unica volontà: distruggere, scontrarsi, picchiare. E lo fanno sempre in modo perfettamente organizzato, segno di una regia chiara e occulta, di una strategia studiata. Ne ha parlato benissimo Arnaldo Capezzuto in un articolo del suo blog sul Fatto Quotidiano (leggi qui).

Ma i black bloc sono solo l’appendice quasi scontata di una sfilza di responsabili che siedono più in alto. Marco Minniti, Paolo Gentiloni, insomma il governo: senza il loro contributo, la giornata di guerra a Napoli probabilmente non sarebbe andata in scena. Sarebbe bastato ragionare, non cavalcare la retorica della democrazia, di un ipocrita adattamento dell’abusato principio di Voltaire (“non condivido le tue idee, ma darei la vita affinché tu possa esprimerle”), per evitare il peggio. Il sindaco De Magistris ci ha provato a impedire che si arrivasse a questo. Così come ci hanno provato prefetto e questore. A Matteo Salvini non doveva essere permesso di tenere il suo comizio razzista in un luogo pubblico, un luogo dell’amministrazione. Poteva benissimo farlo in uno spazio privato.

Non c’entra nulla qui la democrazia. Non c’entrano i principi illuministici, il rispetto dell’opinione altrui. Salvini e i suoi sostenitori non esprimono opinioni. Si riempiono le bocche di insulti gravissimi ai principi sanciti dalla Costituzione e dalla carte internazionali, fomentano odio, razzismo, discriminazione, oltraggiano peraltro anche il Sud e in particolar modo Napoli e i napoletani. È dunque sacrosanto per un’amministrazione e per le altre istituzioni dire di no. Anzi, dovrebbero prendere esempio tanti altri comuni, tanti altri questori e prefetti che spesso, invece, regalano spazi e luoghi pubblici a chi pompa odio o si richiama a ideologie funeste e sporche. Il governo avrebbe dovuto ascoltare le istituzioni di Napoli, sostenere o quantomeno rispettare la loro volontà, il loro atto, non delegittimarle, scavalcandole e imponendo dall’alto una scelta diversa.

Eccoli allora i responsabili, quelli che per strada non vanno, ma ci mandano gli altri, in una situazione ovviamente al limite, in un clima pesante, dentro al quale peraltro si continuano a lasciare indisturbati i gruppetti organizzati e violenti che non hanno nulla a che fare con le ragioni dei manifestanti, ma che servono a politici, giornalisti e commentatori per vomitare fango su quelle ragioni, che sono sacrosante perché in linea con la Costituzione, oltre che con i principi della democrazia che vengono costantemente negati da Salvini e simili. Non è affatto comprensibile, quindi, l’indignazione di tutti coloro che oggi accusano chi è sceso in piazza, i centri sociali (così tutti insieme, a prescindere), gli antagonisti e si ergono a difensori di una democrazia che, in realtà, stanno contribuendo a distruggere, a spostare su una linea deviata, a mutare nella forma e nella sostanza.

Se c’è qualcuno che, alla fine, ha fatto un favore proprio a Salvini non sono i manifestanti che hanno sfilato pacificamente, ma sono coloro i quali questa pagina buia l’hanno scritta con un atto di imposizione offensivo e irresponsabile. E hanno nomi e cognomi. Oltre ad occupare i principali ruoli di governo di questo Paese. Sono loro i nemici del buonsenso e della buona politica.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org