Secondo uno studio del Politecnico di Milano, pubblicato su Scientific Reports, esiste una relazione tra l’abbattimento degli alberi e alcuni focolai dell’ebola in Africa centrale e occidentale tra il 2004 e il 2014. La ricerca, coordinata da Maria Cristina Rulli del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale del Politecnico di Milano, con la partecipazione di Monia Santini della Fondazione CMCC (Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici) e dei ricercatori dell’Università di Massey (Nuova Zelanda) e dell’Università di California Berkley (Usa), è stata condotta su undici casi autonomi di contagio da animale a uomo in Uganda, Repubblica democratica del Congo, Sudan, Repubblica del Congo e Guinea. 

Queste aree hanno in comune il tipo di deforestazione a cui sono sottoposte, ovvero il modo in cui vengono abbattuti gli alberi per poi utilizzare il terreno in modo diverso. Praticamente, sono caratterizzate da una deforestazione frammentata, vale a dire che, a differenza della normale deforestazione che elimina il verde in maniera indiscriminata, la frammentazione colpisce piccole zone di una foresta, creando un ampio e irregolare perimetro di confine tra aree forestate e non forestate. L’ampiezza e l’irregolarità di questo perimetro diventano, di conseguenza, un covo di contatto tra le popolazioni umane e il virus.

Questo tipo di deforestazione, dunque, ha aumentato la probabilità che le popolazioni di quelle zone entrassero in contatto con gli animali che sono i maggiori indiziati come vettori del virus, ovvero due tipi di pipistrello: il myonycteris torquata e l’epomops franqueti. 

“La nostra – dichiara Monica Santini – è un’analisi statistica che si concentra sullo studio del paesaggio intorno ai luoghi che hanno visto innescarsi le epidemie. Con dati satellitari ad alta risoluzione abbiamo studiato il paesaggio, abbiamo visto che tutte le aree in cui c’è stato il primo caso di ebola presentano livelli di frammentazione della deforestazione significativamente superiori rispetto al resto della regione”.

L’ebola nelle zone interessate ha colpito oltre 28 mila persone e ha provocato più di 11 mila morti. Alla luce di questi dati, sarebbe fondamentale evitare l’apertura di spazi molto vasti tra foresta e aree destinate a nuovi usi, in quanto potrebbero rivelarsi ambienti ideali per gli animali responsabili del virus. 

Veronica Nicotra -ilmegafono.org