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L’amore, la collera e la graffiante anima rock di Rocco Traisci

L’amore, la collera e la graffiante anima rock di Rocco Traisci

Prendete un giornalista che per venti anni si occupa di cronaca giudiziaria, in continuo dialogo con il suo alter ego artistico e mettetelo insieme a un gruppo di musicisti: così nasce il progetto musicale che oggi vi presentiamo e che ha per protagonista Rocco Traisci. Rocco, ex giornalista navigato e ormai cantautore emergente, si presenta con il suo nuovo album, un concentrato di blues, folk rock ed elettro-punk dal titolo curioso, “L’amore ai tempi della collera”, che trae spunto dal celebre romanzo di Garcia Marquez, modificandone il “colera” in “collera”.

Quello che ci viene proposto è un disco dal carattere prevalentemente rock, con uno swing convincente e coinvolgente. Nottambulo, impenitente, un po’ misogino: così Traisci si descrive nel brano Superfisico, accompagnato da piano e fisarmonica, con un ritornello che sa stupire grazie a una schitarrata rock and roll. E un po’ ce lo vediamo ad annegare in vasche di champagne, a far festa fino all’alba, con un’urgenza di dar fondo al bicchiere, di bere con avidità il nettare inebriante che è la vita.

In I compleanni ci promette: “Io vivrò 120 anni, vorreste stare tutti quanti nei miei panni”. Un po’ è una sua promessa o una sua sfida per vincere la morte in questo “paese violento e distante”: qui la sua voce e i cori ci regalano, insieme a chitarre acustiche e basso, una appassionante traccia da cantare a squarciagola.

Poco prima, nella canzone Vivo a Parigi, ci aveva confessato che “siamo soli nel terrore d’esser soli”, ed è con questa solitudine randagia che Traisci popola di amori e sbornie la sua vita e i suoi brani. Attratto dalla paura, tra le grinfie di una vita famelica (come in La tigre), ci offre un ritmo più sostenuto, sperimentale, dalle potenti chitarre e con un theremin ipnotizzante.

Traccia dopo traccia, questo album si mostra come un lavoro ben riuscito che ci porta in locali pieni di bottiglie, solitudini e sogni alcolici affidati ad una cameriera. Traisci è un cantastorie rabbioso, che brancola nel suo personalissimo inferno, pieno di uomini viscidi, moralisti e bontemponi, e l’unica pozione da ingollare per salvarsi resta la collera.

L’amore, in questo scenario, somiglia a una sbornia potentissima che trasforma le percezioni e il mondo, che dà voglie, delusioni e condanne. “Ma la bellezza di cui sei bella tu è una schifezza se non mi ami più”, canta convincendoci in Amore & collera (la traccia che apre il disco), con un piano vivace, vivido e dalle bellissime sonorità. L’amore che emerge in questo disco è viscerale, senza scampo, che fa diventare crudeli e ciechi (come ad esempio in Carnefice).

In Non mi hai portato al mare (ascolta qui), un magistrale clarinetto, un contrabbasso, la chitarra e l’organo riescono a stregare mente e gambe, scivolando in un tango sensualissimo e maledetto. Ci sembra quasi di sentire quel mare, il sudore e il profumo di limoni. È un bouquet di sonorità, colori, tutti accarezzati da una voce profondissima, dal sapore alcolico e sanguigno alla Tom Waits.

Un pezzo quasi blues (All’altro mondo) ci parla ancora della solitudine: “Abbandonati da entrambi i sessi e qualche volta anche da noi stessi!”. A chiudere l’album ci pensa Canzone in posta privata, una dolcissima serenata dai cori ironici e ben riusciti,  che ci suggerisce che forse, in fondo, la capacità di amare è solo voglia di farsi fregare!

Questo disco ha il timbro di un’anima rock che vive di notte e che probabilmente trova il suo sole nella musica. Traisci ha lo spessore e la bravura di cantautori che sanno essere davvero animali da palcoscenico e prendere la scena con tutto quello che sono e che sanno. Gli auguriamo, allora, di infuocare numerosi palchi da qui a breve, con la sua ruvida anima e la sua musica dalle mille sfumature e atmosfere che lo rendono unico nel suo genere.

FrankaZappa -ilmegafono.org

La copertina dell’album “L’amore ai tempi della collera”.

Autore

FrankaZappa

Collaboro da tempo con Il Megafono, dove insieme a Manuele curo la pagina musicale e il programma "The Independence Play" sulla nostra radio web. Sono una metallara nostalgica, stregata, quando ero poco più che bambina, dall'urlo "Looove" di Robert Plant. Di quell'amore per la musica ne ho fatto la mia spina dorsale di "metallo non metallo" che mi ha portato fino a qui. Oggi amo un sax che non mi corrisponde. Grazie a lui e al jazz ho scoperto che ancora esistono nuovi pianeti da esplorare, perché per me alla fine la musica resta l'unico modo di immaginare "the dark side of the moon".

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