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L’avvincente viaggio dei Dulcamara tra cantautorato e folk

L’avvincente viaggio dei Dulcamara tra cantautorato e folk

L’amore per l’arte e per l’illustrazione, gli approcci al rap puro, senza alcuna teoria musicale, e poi, a 18 anni, l’incontro folgorante con il pianoforte e con la musica. Da lì una brillante carriera che ha portato Mattia Zani, classe ’82 da Faenza, a diventare Dulcamara e costituire un gruppo con il quale, il 25 novembre, ha pubblicato il suo quarto disco: “Indiana”. Tredici riuscite “tappe” che ci portano in un posto lontanissimo dove il cosmo riluce e l’uomo riesce ancora a perdersi in se stesso e poi ritrovarsi negli occhi di un’altra. Un posto dove per ogni bisogno ci si mette in viaggio.

Ed è con la cadenza dolce di una passeggiata a cavallo che i Dulcamara, traccia dopo traccia, disegnano scenari che accarezzano lo sguardo e la fantasia. L’importante è rimanere in sella, l’importante, come direbbe Faber, è la stessa ragione del viaggio: viaggiare. Tutto, in questo disco, riconduce al viaggio. Con Rituale, si galoppa stringendo a sé un fucile che serve per proteggersi dall’amore e dalla sua vertigine. In Ladum ci si ritroverà invece immersi nella mappa delle stelle, nel sentiero del lago e nello scorrere del fiume, lontanissimi da tutto. La musica qui diviene ricerca, libertà.

I Dulcamara in ogni brano riempiono le note con le suggestioni, la bellezza della natura, i sogni e l’abbandono, con parole che sono poesia. È una musica che oltre al viaggio, racconta e sa far pensare. In Terminal (singolo che puoi ascoltare cliccando qui), questo viaggio diventa qualcosa di spirituale e personalissimo, insegnandoci a “non sprecare mai un minuto solo di solitudine”, consci che saranno la nostra mente e il nostro cuore a farci viaggiare “per più mondi di quanti visitati.”

In Luce di frontiera, grazie ai ritmi che diventano seducenti e delicatissimi, si scivola e ci si muove quasi in una danza propiziatoria nel deserto, a piedi nudi, sul filo rosso della sera dove “canti di lupi sembrano voci di uomini in preghiera”. Nelle canzoni Si piange mai e Sogni lucidi, l’utilizzo stupendo di armonica e theremin intreccia gli ultimi attimi di un giorno che “parte e non torna mai” con magia, spettri, desideri e illusioni.

Nel viaggio che ci propongono i Dulcamara c’è anche un tempo in cui tornare a casa, in cui popolare la vasta radura di attese, un tempo in cui immaginare una “casa di fronte a noi” con terrazze vista – mare, dove è sempre natale, dove non si parte, non ci si impegna a distruggerci e non esistono ombre e insonnie. La semplicità della chitarra, della voce, della tastiera prima e dell’armonica poi, mettono ordine e pace e di colpo la casa di fronte a noi è esattamente quella in cui abitiamo.

Questo album è riempito di delicatezza e vertigine. Basta un risata perché la terra tremi e basta tornare, talvolta, per “ritrovarti come ti ho lasciata un millennio prima, ma non per questo meno mia”. “Indiana” è un disco che accende la fantasia e il desiderio di scoprirsi “stelle identiche” e lontanissime. Un lavoro che unisce i suoni folk e country di un’America popolata da indiani e cowboy alla poesia e al cantautorato italiano. Non resta che accettare l’invito, indossare il cappello giusto e partire insieme ai Dulcamara per un viaggio stupendo che sarà molto più che il semplice ascolto di un disco.

FrankaZappa -ilmegafono.org

La copertina dell’album “Indiana”.

Autore

FrankaZappa

Collaboro da tempo con Il Megafono, dove insieme a Manuele curo la pagina musicale e il programma "The Independence Play" sulla nostra radio web. Sono una metallara nostalgica, stregata, quando ero poco più che bambina, dall'urlo "Looove" di Robert Plant. Di quell'amore per la musica ne ho fatto la mia spina dorsale di "metallo non metallo" che mi ha portato fino a qui. Oggi amo un sax che non mi corrisponde. Grazie a lui e al jazz ho scoperto che ancora esistono nuovi pianeti da esplorare, perché per me alla fine la musica resta l'unico modo di immaginare "the dark side of the moon".

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