Sicilia: nuova processione religiosa, ennesimo presunto inchino del simulacro al cospetto delle famiglie mafiose e un’inedita polemica. Lo scorso 31 maggio, a Corleone, la processione di San Giovanni Evangelista ha effettuato una fermata che ha fatto molto discutere: il simulacro ha infatti sostato in via Scorsone, in prossimità del numero 24, dove risiede Ninetta Bagarella, la moglie di Totò Riina. I primi a notare e a reagire a questa insolita fermata sono stati i rappresentati delle forze dell’ordine presenti: il commissario di polizia e il maresciallo dei carabinieri che hanno immediatamente abbandonato la processione e presentato una relazione alla procura distrettuale antimafia.

Sull’episodio è intervenuto, nel corso della cerimonia indetta per il 202esimo anniversario dell’Arma, il generale dei Carabinieri, Riccardo Galletta, che ha dichiarato: “Gli organi di polizia sul territorio di Corleone, cioè i militari dell’Arma e il funzionario di polizia che dirigeva il servizio, hanno notato determinati atteggiamenti ed hanno riferito all’autorità giudiziaria”. In un primo momento si era detto che, al momento della sosta, affacciata in balcone ci fosse Ninetta Bagarella e che questa avesse scambiato sguardi e sorrisi soddisfatti con le sorelle nell’istante della “riverenza”. Una presenza che è stata però smentita dal sindaco di Corleone, Leoluchina Savona, informata da una cittadina che la Bagarella in quei giorni si sarebbe trovata a Parma in visita al marito ed al figlio.

Il sindaco Savona ha assunto da subito un atteggiamento molto polemico nei confronti dei giornalisti che hanno trattato l’argomento, accusandoli di strumentalizzare l’episodio per “marchiare” e infangare Corleone ed arrivando persino a minacciare segnalazioni all’ordine dei giornalisti. Nel corso di alcune interviste e tramite la propria pagina facebook, la Savona ha inoltre manifestato tutta la propria solidarietà ai confratelli responsabili della fermata definendoli “bravi ragazzi”, “laureati” e riconducendo la fermata a mere motivazioni organizzative. Fermo restando che non abbiamo motivi o prove per sostenere che i confratelli non siano bravi ragazzi, al sindaco va comunque ricordato che la mafia si è evoluta e che molto spesso fa studiare i propri figli, spesso per assicurarsi nuovi “affari” più “puliti”, ragion per cui l’aver conseguito una laurea non esclude la possibilità di essere mafiosi o, quantomeno, “simpatizzanti”.

Inoltre, nella sua dichiarazione di solidarietà, il Primo cittadino sembra non dare alcun peso alla “casualità” che la fermata nei pressi di casa Riina sia stata “chiamata” (tramite l’apposito campanello) da Leoluca Grizzaffi, cugino di secondo grado della padrona di casa Riina. Ovviamente esssere parente di un boss non implica l’essere mafiosi ma si tratta comunque di un aspetto dell’intera vicenda che va comunque preso in considerazione per una riflessione.

Meno accomodante è stato invece il vescovo di Monreale, monsignor Michele Pennisi, che ha subito nominato una commissione d’inchiesta per fare chiarezza sull’accaduto ed appurare eventuali responsabilità personali o della confraternita. “Su episodi come questi non transigo – ha dichiarato monsignor Pennisi -bisogna impedire che le processioni nei nostri paesi, nelle regioni del Sud, passino dalle strade o sfiorino le case dei mafiosi”. L’idea del vescovo è quella di applicare, almeno a tutta la provincia di Palermo, il protocollo di intesa che già da due anni è operativo a Monreale: un preventivo e rigido studio dell’itinerario e delle singole fermate di ogni processione a cura della diocesi e delle forze dell’ordine, così da evitare imbarazzanti imprevisti.

La reazione più bella è stata però quella dei giovani di Corleone che hanno inondato il web di loro foto a corredo dell’hashtag #NoiNonCiInchiniamo. Questi ragazzi ci hanno letteralmente messo la faccia nel negare il proprio consenso e la propria riverenza alla famiglia Riina; una presa di posizione forte, specie in una realtà piccola e particolare come quella di Corleone. Una reazione ancora più importante dopo la reclame del libro di Riina junior da Vespa sulla tv nazionale. Sebbene quello di Corleone sia stato solo un presunto inchino, o meglio solo una presunta fermata, ai  confratelli che, seppure casualmente,  hanno sentito la necessità di riposarsi proprio accanto alla casa di uno dei boss più spietati che la Sicilia abbia partorito, va comunque ricordato che, per chi ci crede, gli insegnamenti di Dio sono molto lontani dallo stile di vita mafioso e che i tempi sono cambiati: la Chiesa, finalmente, ha ufficialmente preso una posizione nei confronti dei mafiosi scomunicandoli.

Anna Serrapelle- ilmegafono.org