Pino Maniaci è un delinquente, un finto paladino dell’antimafia. È anche un pregiudicato, come qualcuno, con eccitazione, sta urlando ai quattro venti in queste ore. Pino Maniaci è pure un estortore. Non presunto, per carità, lo è e basta. Lo avete deciso voi. Lo ha deciso la stampa, o almeno quella parte che non vede l’ora di beccarne un altro che possa aggiungere crepe a un movimento sempre più instabile. Lo ha deciso una parte dello stesso movimento antimafia, soprattutto quella che non è mai stata sul campo e ha fatto il proprio nido sulle tastiere e dietro uno schermo, pontificando, accusando, giudicando senza appello persone e storie, vite e vissuti. Pino, oggi, per molti colleghi e per diversi presunti antimafiosi di questo Paese non è più quel giornalista coraggioso, onesto e ostinato che da anni denuncia, a suo rischio, tutto quel che non va nella provincia palermitana e in Sicilia. Uno della cui amicizia si può andare fieri. Pino adesso, d’improvviso, è diventato un uomo da osservare con sospetto.

La campagna denigratoria nei suoi confronti è di una violenza inaudita e non sono violenti soltanto gli attacchi velenosi dei detrattori o il ghigno dei nemici nascosti, ma anche i silenzi di chi dovrebbe sostenerlo e che invece preferisce non dir nulla, non esporsi. Tutti ad accettare giudizi vergognosi, senza battere ciglio. Sintomo non di cautela, ma di profonda ignoranza, che è uno dei problemi più grandi anche del movimento antimafia. Un movimento troppo affollato, dove entra chiunque e dove chiunque, solo in virtù della partecipazione a qualche evento o presidio o della lettura di qualche libro o articolo, si sente in diritto di esprimere qualsiasi giudizio nei confronti di chi la mafia la sfida ogni giorno o l’ha sfidata per anni. Sul campo. Il tutto in un Paese (e in un contesto giornalistico) che vive di antipatie, invidie, fazioni, manie, fanatismi e che perde spesso di vista la realtà.

Così, in molti hanno partecipato, più o meno direttamente e senza condizionali, alla gara di lancio del fango su Pino Maniaci e Telejato. E lo hanno fatto nonostante non avessero a disposizione nient’altro che un articolo nel quale si parla di una grottesca estorsione (soldi e posti di lavoro chiesti ai sindaci di Borgetto e Partinico in cambio di una linea morbida di Telejato nei loro confronti) e si annunciano intercettazioni sensazionali. Stop. Non si fa riferimento ad altro, non si racconta la storia più recente di Pino e della sua tv, non è chiaro quale sia il contesto di queste intercettazioni, quale sia il loro contenuto, non sappiamo nemmeno se esistano davvero. C’è solo un articolo con una notizia frammentata e ciò basta a scatenare l’inferno. Poco importa che a Pino non sia arrivata alcuna notizia di indagine, non sia giunto alcun avviso di garanzia.

Di sicuro, però, qualora questa indagine fosse reale, qualcuno andrebbe punito per violazione del segreto di ufficio e dovrebbe spiegare come mai la stampa abbia saputo prima del diretto interessato. Ovviamente, la maggior parte finge di ignorare che Pino, in questi ultimi due anni, ha smascherato il malaffare nella gestione dei beni confiscati alla mafia, mettendo nei guai giudici molto potenti, come Silvana Saguto, e avvocati altrettanto potenti. Sappiamo benissimo come vanno queste cose e come, quando tocchi certi ambiti, la reazione (peraltro attesa) possa in qualche modo arrivare colpendoti sempre nel tuo punto più caro. Accusano Pino, infatti, proprio delle cose contro le quali si è sempre battuto. Provano a gettare un’ombra su di lui e sul suo impegno e lo fanno comunicando alla stampa una notizia che aizza i suoi detrattori.

Qualcuno poi decide di andare oltre e finisce per affondare le mani nel passato di Pino, tirando fuori storie note come se fossero sensazionali e inedite. “Pino Maniaci ha avuto problemi con la giustizia”, scrive un giornale online a cui non diamo nemmeno l’onore del nome per non fargli pubblicità (visto che lo leggono in quattro), elencando tutta una serie di presunti reati, oltre a raccogliere l’accusa non dimostrata di un nemico dichiarato di Telejato, un ex assessore del Comune di Partinico. A tal proposito, sempre l’ignoranza e la disinformazione fanno sì che la gente non presti attenzione al fatto che i comuni di Borgetto e Partinico siano attaccati quotidianamente e duramente dall’emittente Telejato.

Addirittura la presidenza del consiglio comunale di Borgetto aveva querelato la tv di Pino Maniaci per diffamazione e lo stesso sindaco si era costituito parte civile contro l’emittente. Non vi pare allora quantomeno contraddittoria la storia della “linea morbida” verso i due sindaci in cambio di soldi e favori?  Ma torniamo indietro al passato “burrascoso” di Maniaci. Dove starebbe la notizia? Lo stesso Pino (nel libro Dove Eravamo – Vent’anni dopo Capaci e via D’Amelio, Caracò editore, 2012) aveva scritto e raccontato del suo passato e dei problemi vissuti, della galera per un caso di omonimia, della sua richiesta di risarcimento per ingiusta detenzione e infine del suo momento di svolta, legato a quanto accaduto a Capaci e in via D’Amelio.

Riportiamo qui alcuni passaggi che qualche giornalista sprovveduto farebbe bene a leggere: “…I miei delatori lo sanno bene ed ogni volta che qualcuno mi vuol attaccare, non avendo altro, subdolamente non fa che ricordare che Pino Maniaci non è altro che un pregiudicato della peggior specie e non un giornalista accreditato. Già perché io non ho fatto sempre questo mestiere. Proveniente da una famiglia non proprio agiata ma neanche mala cumminata, sin da ragazzo mi sono sempre sbracciato. […] Ho fatto mille lavori sino a diventare anche un piccolo imprenditore edile, ed è qui che cominciano i miei guai. Siamo negli anni ’80, lavorare nel settore edile e nel mio territorio non è cosa facile. I soldi non bastano mai ed è così che l’impresa che costituisco cammina sempre sul filo del rasoio. Si vive di pagherò e di assegni postdatati e ai fornitori sta pure bene”.

Pino racconta di essere stato arrestato in una operazione antimafia, ma per errore, perché omonimo di un affiliato (che poi si scopre essere un suo lontano parente). Sarà Giovanni Falcone ad accorgersi dell’errore e a liberarlo. Ma mentre è in galera, fuori per l’attività di Pino le cose peggiorano: “Con me lontano, i lavori non vanno avanti, i creditori spariscono mentre rimangono i debiti e i fornitori che incassano gli assegni, ovviamente scoperti. Le cose si mettono male ed oltre a una denuncia per mafia, cominciano i miei guai per gli assegni non pagati”. Eccolo il passato “ombroso” di Pino, quello dal quale derivano la sua forza e, soprattutto, la sua scelta, dovuta alla rabbia provata per le stragi del ‘92, di ritirare la richiesta risarcitoria per ingiusta detenzione e di impegnarsi attivamente nella lotta alla mafia.

Un impegno che da quel momento non si è mai fermato, che ha portato alla bellissima realtà di Telejato, palestra ed esempio per tanti giovani e per tanti giornalisti liberi. Un uomo onesto, sia nel raccontare il suo passato che nel vivere il suo presente, con coraggio e senza fare sconti a nessuno. Anche se questo atteggiamento poi, come vediamo, qualcuno glielo fa pagare. Noi, che persone come Pino le abbiamo avute accanto, le abbiamo conosciute da vicino, sul loro campo di battaglia, ci schieriamo dalla sua parte e dalla parte di chi resiste e rifiuta di farsi mettere cappelli politici o di movimento.

Siamo in attesa di vedere come evolverà questa vicenda, convinti che sia solo un tentativo, anche piuttosto banale e goffo, di screditare chi ha osato troppo. Più avanti, quando tutto sarà chiarito, avremo poi tutto il tempo per ricordarci di chi oggi, senza nulla in mano, dalle tastiere e dalle pagine di certi giornali, ha già emesso illegittime sentenze e sputato calunnie.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org