Nel Foro Romano, ai piedi del Palatino, nel VI secolo fu fondata una chiesa dedicata alla Madonna, la prima di questo genere nella città eterna. Prima di allora, le chiese dentro le mura della città prendevano il nome delle famiglie che ne erano state proprietarie, mentre quelle nuove sorgevano fuori dalle mura, nei luoghi di culto, come le tombe dei martiri. I bizantini, quando decisero di fondare una chiesa nel cuore dei Fori, affermarono anche la decisa e definitiva vittoria del cristianesimo sull’antica religione pagana politeista. Questo gioiello è giunto fino ai nostri giorni in condizioni ottimali grazie ad un evento sismico che, nel IX secolo, la sigillò.

Questa chiesa dedicata a Santa Maria fu quindi del tutto dimenticata quando Papa Leone IV trasferì il titolo in una nuova, quella di Santa Maria Nova, oggi Santa Francesca Romana. Nel XIII secolo, inoltre, una nuova chiesa fu realizzata sui ruderi di quella dedicata a Santa Maria e, nel XVII secolo, quest’ultima venne rinnovata e nominata Santa Maria Liberatrice. Solo per caso, alla fine dell’Ottocento, furono ritrovati dei frammenti d’affresco e si decise brutalmente di abbattere la “neonata” chiesa.

Nel 1899, quest’ultima fu espropriata con un rimborso di 375.000 lire e il giorno 8 gennaio 1900 cominciò lo sgombero e la successiva rapidissima demolizione di Santa Maria Liberatrice. Bisogna ricordare la sete di conoscenza e il purismo degli storici dell’arte di questo periodo, che tanto hanno ridotto la stratificazione caratteristica delle chiese di tutta la penisola, spesso solo spogliando quelle antiche da superfetazioni barocche ma anche, come in questo caso, liberando intere aree da strutture perfettamente funzionali. Le polemiche non mancarono, ma l’allora sovrintendente Giacomo Boni non volle sentire ragioni e proseguì senza tregua allo smantellamento del terrapieno che nascondeva le antiche vestigia. Dopo un anno, nel 1901, lo sgombero era a buon punto e gli affreschi iniziavano ad affiorare.

Dopo poco furono iniziati i lavori di restauro degli affreschi e alcuni distacchi. L’umidità delle pareti (e quindi degli affreschi) era infatti altissima e il rischio di deterioramento inquietava il sovrintendente, il quale li fece ricopiare da alcuni artisti per conservare il ricordo del colore. Boni cercò inoltre di proteggerli con continue azioni di manutenzione che nel tempo diedero più problemi che altro. Solo dopo qualche anno, nel 1911, la chiesa fu dotata di un tetto che permise una migliore conservazione delle pareti affrescate. Dopo trent’anni da questa prima fase, nel 1945, l’Istituto Centrale del Restauro, che alla fine del conflitto mondiale si stava occupando di togliere le opere di protezione antiaerea nell’area dei Fori, si rese conto che gli affreschi versavano in condizioni molto peggiori rispetto alla prima guerra mondiale.

Cesare Brandi, fondatore e direttore dell’istituto, fece allora realizzare il distacco di parte degli affreschi nel 1947 e di nuovo nel 1952 fu necessario intervenire con attenti e minuziosi restauri tra cui un nuovo distacco e ricollocazione in situ. Nel 1959  l’istituto curò una nuova campagna di restauro, gli affreschi erano quasi pericolanti soprattutto a causa delle cere e del cemento che venne usato all’inizio del secolo per il loro consolidamento. Altri interventi di restauro furono attuati nel 1982, 1989 e nel 1999 e, per farla breve, solo da pochi giorni la chiesa è finalmente pronta e aperta al pubblico.

Essa rappresenta un po’ l’Italia, a mio avviso. Ci vogliono cento anni per far bene le cose qui da noi. Cento anni per fare un restauro, delicato sì, ma non esageriamo. Ma questi sono stati anche cento anni di studi che hanno fatto progredire una disciplina, il restauro, in cui siamo i migliori al mondo; cento anni che arricchiscono la storia dell’arte e le donano un nuovo imprescindibile tassello; ma anche cento anni in cui solo pochissimi cittadini hanno avuto la fortuna di visitare questa piccola perla, miracolosamente salva dalla violenza iconoclasta dell’VIII secolo d.C.; e ancora, riuscite a immaginare quanto denaro pubblico è stato usato in 100 anni? Io no, e non voglio nemmeno provarci.

Pensiamo ad altro: sono circa 250 metri quadri gli affreschi ancora visibili in situ, circa un quarto dell’originale e vi consiglio, io che sono stato tra i pochi a visitarla (e per questo ringrazio il mio carissimo professore Giuseppe Morganti), di fare un salto a Santa Maria Antiqua appena vi troverete a Roma o nei paraggi, perché ne vale assolutamente la pena.

Angelo De Grande -ilmegafono.org