Che il sessismo sia una brutta malattia della società italiana è un dato di fatto e la politica, a tutti i livelli, ne dà spesso prova. Le donne si trovano continuamente al centro di battute, insulti maschilisti, discriminazioni, minimizzazioni del loro ruolo e si ha la brutta percezione che, nella coscienza degli italiani, nonostante decenni di lotte culturali, ciò rimanga in qualche maniera ammissibile. Che una mamma possa fare il sindaco è fuori di ogni dubbio, il quesito da porsi piuttosto è se una persona come Giorgia Meloni possa davvero guidare la capitale di un paese formalmente democratico. Personalmente, non mi sono schierato con la folta e ipocrita selva di giornalisti, editorialisti, rappresentanti di vari schieramenti, che nei giorni scorsi hanno espresso solidarietà a Giorgia Meloni. Chiedo venia ma non ci riesco. Per diversi motivi.

Innanzitutto, perché la Meloni è da sempre esponente convinta di una tradizione fascista, ossia di una cultura che considerava la donna poco più di uno strumento di piacere con cui alimentare il proprio machismo. Una cultura basata su logiche reazionarie, sull’esaltazione maschilista della forza virile, dalla quale la camerata Meloni non ha mai sentito la necessità di prendere le distanze. La leader di Fratelli d’Italia appartiene a uno schieramento che non ha mai promosso le istanze femminili, né contribuito alla battaglia culturale e politica sui diritti delle donne. Il suo mondo è quello di Berlusconi, del cui governo è stata ministra, un mondo nel quale Giorgia, pur di non perdere la propria poltrona, ha accettato qualsiasi cosa senza mai un lamento o una critica. Anzi.

A chi non avesse memoria ricorderei la sua strenua difesa del Cavaliere (guarda qui) quando si trovava sotto i riflettori per vizi privati basati sulla mercificazione delle donne, oppure il suo assoluto e imbarazzante silenzio quando lo stesso Berlusconi si permise di apostrofarla “scherzosamente” con una parola poco edificante e molto sessista che, forse, meritava una risposta (guarda il video). Evidentemente, all’epoca, alla nostra Meloni non conveniva far polemica. Insomma, è chiaro che Berlusconi e Bertolaso abbiano pronunciato frasi sessiste sul genere femminile, ma parliamo di due che identificano le donne con le casalinghe tanto care a Mediaset o con escort disposte a tutto o, al massimo, con massaggiatrici molto intraprendenti. Non ci si potrebbe certo attendere qualcosa di diverso da due così. Il problema è che la Meloni in questo mondo ci ha sguazzato perfettamente, senza mai protestare, senza mai mettersi dalla parte delle donne e del rispetto che meritano.

Capisco che siamo in un Paese senza memoria, che vive di casi mediatici, ma nella logica alla quale la Meloni appartiene, le parole di Bertolaso e Berlusconi sono più che giuste e la futura mamma avrebbe dovuto semplicemente obbedire e non lamentarsi o cercare solidarietà. Perché quando la cara Giorgia sfilava al Family Day, mischiandosi con Adinolfi e le Sentinelle in piedi, ossia con gente che legge e promuove libri che incitano alla sottomissione della donna, limitata al solo ruolo materiale e riproduttivo, senza una libertà sessuale e una emancipazione lavorativa, di fatto accettava questa idea o, quantomeno, non vi si contrapponeva apertamente. Attaccava le unioni civili, le coppie omosessuali, quindi anche le lesbiche, che sono donne e che, contrariamente a lei, non hanno ricevuto alcuna solidarietà dal mondo politico. E non è tutto.

A chi ha smarrito la memoria vorrei ricordare il silenzio assoluto della candidata di FdI davanti alle pesanti offese, razziste e sessiste, dei suoi alleati nei confronti dell’ex ministra Cécyle Kienge, o nei confronti della presidente della Camera, Boldrini. E quando il suo premier Berlusconi apostrofava la Merkel e la Bindi con battute sessiste da bar, la Meloni dov’era? Se la ridacchiava alla grande. Per non parlare del suo rapporto stretto con la Lega Nord, con quel Salvini che aveva criticato la nomina del ministro Madia proprio perché incinta (leggi qui), e con quel Borghezio che, sui treni, gettava disinfettante addosso alle donne di pelle nera, episodi sui quali non ho mai sentito una parola di rimprovero da parte della Meloni. Insomma, smettiamola con questa ipocrisia. Smettiamola di fare i finti democratici ed esprimere solidarietà a chi non la merita. Perché si finisce per fare il suo stesso gioco e farle pubblicità.

Giorgia Meloni non è certo migliore perché sta per diventare mamma. Lei è sempre la stessa che, con le sue posizioni razziste e violente, sta sostenendo chi costringe migliaia di mamme e bambini al freddo delle tendopoli a ridosso dei muri e delle barriere edificate dalle forze politiche europee alle quali lei stessa si ispira e con le quali è alleata. Giorgia Meloni è una delle responsabili di quello che subiscono quegli esseri umani. Lei se ne infischia del dolore delle mamme e delle donne, se ne infischia dell’umanità in fuga. Lei fomenta paure e rabbia e non si trova in imbarazzo con l’estrema destra romana ed europea: durante quella terribile pagina di violenza razzista e neofascista contro i minori rifugiati di Tor Sapienza, si è schierata dalla parte dei residenti del quartiere, senza mai condannare davvero le violenze. E non dimentichiamo le vergognose e offensive dimostrazioni del suo partito sul tema dei migranti, come il “barcone degli italiani” (guarda il video), sbarcato a Catania, con in testa proprio lei, la futura mamma della destra nazionalista.

In tanti, oggi, le esprimono solidarietà, di fatto rafforzando la sua posizione a Roma. Forse, piuttosto che mostrarsi solidali, bisognerebbe riflettere sui vantaggi che la Meloni potrebbe ricevere da questa situazione e sul grave rischio che possa davvero arrivare a giocarsi la poltrona di sindaco. Quello sarebbe il vero dramma, altro che le scemenze di Bertolaso. Se a Roma vincesse il ticket Fratelli d’Italia – Lega Nord, la capitale diverrebbe un laboratorio di discriminazione razziale, di disumanità, di pericolosi ritorni indietro. Questo Paese ormai si è abituato a spendere ore e pagine a parlare del nulla, ad ascoltare dichiarazioni e inventarsi temi che non portano a niente. Sarebbe forse il caso, almeno stavolta, di non distrarsi, perché c’è qualcosa di molto più importante in gioco della battaglia verbale tra ex amici, figli di uno stesso mostro. Bisogna augurarsi che la Meloni non faccia il sindaco. Non perché è mamma, ma semplicemente perché è la Meloni. Con il suo razzismo e le sue logiche.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org