Ci sono tre domande attinenti la legalità che vorrei fare oggi dopo Parigi e dopo il dopo-Parigi. Non ci sono, infatti, molte spiegazioni da fornire.. Non mi son mai piaciuti gli esperti di tutto, che è un po’ come dire di niente. Anzi, credo ci sia bisogno di responsabilità, soprattutto nello spendere parole. Mi affascinano i personaggi politici, che ormai sono anche televisivi, capaci di parlare di immigrazione, riforma costituzionale, mercato del lavoro, terrorismo, politica estera, processi penali, riforma della giustizia, mafia, ambiente, diritti degli animali, Stamina. Sto ancora aspettando le ricette della Santanchè per sentirmi più completo e arricchito.

Tornando alle domande, vorrei ci soffermassimo a riflettere su alcuni passaggi che non sono stati messi abbastanza in luce, men che mai in tv.

La prima è: perché i blitz si fanno sempre dopo? Se c’è un ricercato è normale, ma perché le perquisizioni partono dopo un fatto eccezionale? È possibile che ci sia stata negli anni una certa tolleranza verso il fenomeno terroristico in Europa? 

La seconda è, in realtà, una preoccupazione. Saremo disposti a rinunciare alla nostra libertà per la sicurezza? Avrà senso rinunciare alla propria privacy per la sicurezza dopo l’ondata emotiva? Le misure “straordinarie” da sempre mi spaventano. Il dittatore rimaneva in carica 6 mesi con pieni poteri in casi di “emergenza”. I migliori regimi sfruttano le “emergenze” per rafforzarsi e diffondere misure restrittive per la libertà delle persone.

La terza domanda richiede un collegamento. Avevo 15 anni quando sentivo parlare di Banlieue. Si parlava di legalità a scuola e, quando chiesi al relatore della forza pubblica intervenuto se potevano esserci dietro problemi sociali ben più profondi, egli mi rispose: “Se prendi tre alla versione di greco, come mi sembra anche probabile guardandoti, non puoi dar fuoco al registro”. Dieci anni dopo, senza aver mai dato fuoco a un registro, mi viene in mente che forse la mia obiezione non era pellegrina. Vorrei che un esperto di sociologia urbana potesse raccontarci se l’estremismo e la radicalizzazione possano avere più appeal presso una platea di giovani in un contesto sociale di emarginazione, costretti a vivere in una terra di nessuno vicinissima al centro del mondo eppure lontana da tutto. Anche noi abbiamo le nostre potenziali Banlieue. L’hinterland di Milano, di Roma, di Napoli, di Torino, corrono questo rischio?

Penna Bianca -ilmegafono.org