È bastata una semplice conferenza dei servizi per dare il via libera a un nuovo programma di trivellazioni offshore non molto distanti dalla costa abruzzese. Si tratta del progetto Ombrina Mare, approvato dal ministero per lo Sviluppo Economico lo scorso 9 novembre a Roma, con cui si realizzerà, a pochi chilometri dalla Costa dei Trabocchi, una nuova piattaforma petrolifera collegata a una nave-raffineria operante poco più al largo. Nonostante la contrarietà delle amministrazioni locali e dei cittadini, sembra proprio che ad avere la meglio siano stati i petrolieri.

Qui, non si parla più solo delle proteste della gente e del loro desiderio di salvaguardare il territorio, ma del fatto che a essere ignorate sono ben due normative: il divieto di attività petrolifere nel raggio di dodici miglia dalla costa e l’istituzione di un parco marino in quel tratto di costa, tentativo ultimo di scampare all’attuazione di questo orribile prospetto. Come se non bastasse, a essere violati sono stati anche il referendum sulle trivelle, i cui quesiti sono al vaglio della corte di Cassazione, e il cosiddetto Manifesto di Termoli, adottato all’unanimità da tutte le regioni italiane, con cui i governi locali hanno manifestato la loro volontà di combattere contro la ricerca e lo sfruttamento di petrolio e gas.

“È un giorno nero per l’Abruzzo e l’Adriatico –ha commentato il Coordinamento No Ombrina-. Ovviamente non ci arrendiamo, perché pensiamo sia un vero e proprio sopruso. Con l’impegno di tutti i cittadini vedremo di ribaltare il risultato presentando esposti e ricorsi in tutte le sedi, dalla giustizia penale a quella amministrativa, passando per la Commissione Europea. Resta il problema di un governo tutto votato alla causa dei petrolieri, con un’azione che stride sempre più con gli allarmi che gli scienziati da tutto il mondo stanno lanciando sull’uso dei combustibili fossili”.

Non sono mancate neanche le voci di protesta delle associazioni ambientaliste, quali Wwf, Greenpeace e Legambiente, che concordano tutte nell’affermare che il futuro dell’Italia non può ancora dipendere dal vecchio e inefficace modello del petrolio e delle trivelle, ma dovrebbe puntare su energie alternative. Dal fronte politico, è stata criticata l’approssimazione del governatore abruzzese Luciano D’Alfonso, che non ha partecipato all’importante appuntamento, mandando al suo posto  il vicepresidente Lolli, venendo meno così alle belle promesse fatte agli abruzzesi. Inoltre, è stato messo in luce come il parco marino sia stato solo un mezzuccio che, in realtà, non avrebbe avuto mai la forza di impedire la realizzazione di Ombrina.

Di certo, non farebbe male l’Italia a seguire l’esempio americano; infatti, recentemente il presidente Obama ha detto no all’oleodotto Keystone, che avrebbe dovuto trasferire petrolio dal Canada al golfo del Messico. Anche nel nostro Paese, sebbene ormai sembra vicina una sconfitta per tutto l’Abruzzo, sicuramente la lotta non si fermerà qua. Uno spiraglio di speranza rimane il ricorso al Tar, preannunciato da diversi sindaci della costa. 

Veronica Nicotra -ilmegafono.org