Gli appelli di Papa Francesco contro lo spreco alimentare sembrano aver aumentato la consapevolezza dei cittadini sull’urgenza reale del problema, una presa di coscienza che, tuttavia, non sempre corrisponde ai comportamenti effettivi. Secondo il “2015 Wast Watcher”, il Report che analizza lo status degli sprechi alimentari, il cosiddetto “mare” tra il dire e il fare emerge con prepotenza. Le indagini condotte nel corso della primavera, infatti, si sono spinte leggermente oltre la policy europea, passando in rassegna i cosiddetti “diari di famiglia”, un test che indica la quantità di sprechi per ogni pasto.

Il report, supportato dall’Università di Bologna-Distal, attesta che le famiglie italiane sprecano più del 50% di quanto dichiarato, gettando nell’immondizia oltre 13 miliardi di euro l’anno. Circa 650 grammi di cibo ancora commestibile finisce dunque nella pattumiera, causando anche perdite economiche a lungo termine.  Il tutto è stato presentato all’Expo di Milano in occasione della Giornata Mondiale per il cibo.

I “Diari di famiglia”, protagonisti dell’indagine, costituiscono un test guidato da Claudia Giordano con la supervisione di Luca Falasconi. Si tratta di una serie di monitoraggi e rilevazioni effettuate su un campione di sedici nuclei familiari e trenta gruppi multigenerazionali di famiglie bolognesi, coinvolte grazie alla trasmissione radiofonica “Decanter”, in onda su Radio 2. Le famiglie in questione hanno avuto un compito molto semplice: indicare la quantità di cibo sprecato per ogni pasto e le modalità di smaltimento di ciascuno.

In questo modo, i ricercatori sono riusciti a intercettare anche i comportamenti d’acquisto nel momento della spesa, per evitare di sprecare quanto acquistato. Il 46% degli intervistati, infatti, attribuisce alla spesa poco oculata la responsabilità principale degli sprechi di cibo. Quattro italiani su cinque, inoltre, tende ad assicurarsi con grande attenzione sulle date di scadenza dei cibi, mentre nove italiani su dieci dichiarano di consultare le etichette dei cibi, un comportamento virtuoso che sta espandendo i propri orizzonti.

Interessante è il dato relativo alla cosiddetta “doggy bag”, il sacchetto per recuperare cibo avanzato al ristorante: la richiede un italiano su tre. Incoraggiante è anche la statistica sulla reale preoccupazione degli italiani sull’impatto ambientale causato dal cibo: nove italiani su dieci se ne preoccupano, proiettando l’attenzione anche sull’eventualità di impartire lezioni di educazione ambientale già tra i banchi di scuola. Preoccuparsi dell’ambiente attraverso il cibo, da sempre vettore delle nostre usanze, potrebbe essere la svolta green che molti aspettano.

Laura Olivazzi -ilmegafono.org