Questa settimana vi presentiamo i Deltabeat, trio interessante e inconsueto di doppio basso e batteria, un perfetto bass-core dal groove metal che si ispira all’estetica dei ‘90. Guidati dall’eclettico Eolo Taffi, nel loro primo album autoprodotto (che prende il titolo dal loro nome) propongono un sound ricercato e quasi manieristico per una soundtrack delle vostre giornate esclusivamente strumentale. Una formula che funziona grazie alla invidiabile tecnica dei tre componenti.

Interessante e appetitosa l’osservazione che ci propongono sulla similitudine tra i Deltabeat e la musica classica. Nel solco di una tradizione propria della musica metal “alta” e “tecnica”. La progressione della musica classica si ritrova nell’assenza di strofe e ritornelli, così i brani si arrampicano su se stessi in una continua evoluzione, dando forma a una sorta di opera composta di mini-suites tutte giocate su variazioni di tema e di intensità. Ma non aspettatevi carezze o ninnananne, perché qui si fa sul serio!

Vorrei avere i capelli per poterli agitare sul ritmo dei Deltabeat. Per farvi un’idea buttate un orecchio alla loro Psycolab, ne resterete affascinati.

Chi scrive è uno di quelli convinti che questo genere debba piacere per poterlo apprezzare fino in fondo. Magari penserete solo che sono dei maestri di strumento intenti a fare evoluzioni in un’armonia incomprensibile. Non è così, fidatevi. Se vi piace il genere strumentale, rimarrete estasiati. Perché i Deltabeat spingono davvero forte.

Penna Bianca -ilmegafono.org