Gli strascichi del disastroso incidente nucleare verificatosi a Fukushima, in seguito al sisma del 2011, continuano a devastare il Giappone. Secondo quanto emerge da un’inchiesta di Greenpeace, il programma di decontaminazione dalle scorie nucleari sta miseramente fallendo. I terreni di Iitate, distretto della prefettura di Fukushima, sono ancora contaminati, a livelli così alti che per adesso risulta pressoché impossibile tornare a mettere in sicurezza la zona. La situazione diventa preoccupante dal momento che, lo scorso 12 giugno, il Governo giapponese ha revocato l’ordine di evacuazione delle zone interessate alla contaminazione entro il marzo 2017, rischiando così di indurre gli abitanti a tornare sul posto.

“Il primo ministro giapponese Abe vorrebbe far credere ai cittadini che il programma di decontaminazione in corso a Fukushima riporterà la radioattività a livelli accettabili ma si tratta di una politica destinata al fallimento”, commeta Jan Vande Putte, esperto di radioprotezione per Greenpeace Belgio. “ Le foreste di Iitate – continua – sono un’enorme riserva di radioattività che resterà un pericolo diretto e una sorgente di potenziale ricontaminazione per secoli. La completa decontaminazione è impossibile. Forzare i residenti a tornare in aree insicure e altamente radioattive è una decisione tutta politica, presa per ragioni economiche, che non poggia su dati scientifici e non si cura della salute pubblica”.

Ma c’è dell’altro. La contaminazione ha colpito anche vaste distese di Oceano Pacifico che da solo comprende quasi un terzo delle acque terrestri. In seguito a rilevazioni effettuate dall’AIEA, si registrano percentuali assai preoccupanti di materiali radioattivi come cesio-134 e cesio-137 a largo di Vancouver, in Canada, testimonianza del fatto che le sostanze tossiche abbiano viaggiato in tutto il pianeta.

L’emergenza, dunque, è tutt’altro che rientrata, motivo per il quale le associazioni ambientaliste spingono fortemente per la predisposizione di piani di contenimento utili ad arginare l’ondata radioattiva che da quattro anni a questa parte funesta il Giappone e le acque del globo. Da Greenpeace si apprende che sono in corso studi per approntare un muro di ghiaccio lungo un chilometro e mezzo da installare intorno al sito di sversamento, in modo da contenere le perdite radioattive. Mai come in questo caso, ai posteri l’ardua sentenza.

Laura Olivazzi -ilmegafono.org