Si trova a Expo 2015, nel padiglione della Malesia, il gigantesco cartello che definisce illegale scrivere sulle etichette alimentari “Senza olio di palma” o “Palm free”. Si tratta, appunto, di una mossa ideata dalla potente lobby che detiene il commercio di questo grasso tropicale, presente in molte merendine, biscotti e creme spalmabili e responsabile della distruzione delle foreste asiatiche. Immediatamente, la Great Italian Food Trade e il Fatto Alimentare hanno chiesto al Commissario di Expo, Giuseppe Sala, di rimuovere il cartellone, poiché ritenuto capace di poter confondere i consumatori.

La palma da cui si estrae questo olio, largamente utilizzato nell’industria alimentare, è coltivata soprattutto in Indonesia e in Malesia ed ha portato all’abbattimento di vasti ettari di foreste primarie e, inoltre, all’uccisione di alcune specie animali, quali tigri, elefanti e oranghi, con conseguenti danni alla biodiversità. Infatti, le popolazioni di questi animali sono visibilmente ridotte e la percentuale di foreste è considerevolmente scesa, arrivando a stimare una totale distruzione delle foreste indonesiane entro il 2020 e la perdita di tutti quegli ecosistemi fondamentali per la sopravvivenza delle popolazioni locali e della biodiversità. Come se non bastasse, la combustione di queste foreste provoca una notevole emissione di anidride carbonica.

In Italia grandi colossi alimentari utilizzano l’olio di palma, ma dichiarano di impiegare nei loro alimenti solo quello certificato, cioè proveniente da fornitori che non distruggono le foreste e che rispettano i diritti dei lavoratori. Ma, come ha evidenziato un servizio della trasmissione Report, la certificazione avviene tramite un organo indipendente pagato dalle compagnie, rendendo così la certificazione stessa alquanto incerta.

Per quanto riguarda il cartello, esso fa riferimento al regolamento 1169/2011 entrato in vigore a dicembre 2014 in tutti i Paesi dell’Unione, che ha imposto di specificare nelle etichette il tipo di grasso utilizzato. L’utilizzo dell’olio di palma risale a circa 15 anni fa quando sostituì gli acidi grassi idrogenati, accusati di nuocere alla salute. Anche in quel caso essi erano menzionati nell’etichetta, ciò perché ciascuno deve avere il diritto di poter scegliere in base al proprio credo o alle proprie linee di pensiero.

“È certamente ammesso l’impiego in etichetta di indicazioni facoltative – ivi comprese quelle relative agli ingredienti – a condizione che esse siano chiare, comprensibili e veritiere, perciò dimostrabili. Indicazioni come ‘senza OGM’, ‘vegetariano’, ‘vegano’, ‘senza carne di maiale’, ‘senza alcol’, ‘senza additivi’, ‘senza coloranti artificiali’, e ora anche ‘senza olio di palma’ sono dunque perfettamente ammissibili, oltre che legali”, ha dichiarato Dario Dongo, fondatore del sito Great Italian Food Trade.it.

Dal punto di vista nutrizionale, nonostante sia vegetale, contiene grassi saturi pari a quelli del burro e quindi, se si pensa che spesso viene assunto in maniera inconsapevole, dato che si trova in molti cibi che mangiamo dalla mattina alla sera, potrebbe risultare dannoso per la nostra salute.

Le due associazioni hanno lanciato una petizione per la sua esclusione dalle produzioni alimentari e già hanno raccolto circa 150.000 firme. Inoltre, quindici catene di supermercati hanno aderito all’appello del Fatto Alimentare di avviare il processo di sostituzione del grasso tropicale nei loro prodotti a marchio.

Veronica Nicotra -ilmegafono.org