C’è una canzone degli Offlaga Disco Pax che fa così: “Fa male ammettere che al momento vincono due a zero”. I soggetti in questione sono Francesca Mambro e “Giusva” (Giuseppe Valerio) Fioravanti, ritenuti responsabili, e per questo condannati, per la strage di Bologna del 2 agosto del 1980.  E ce n’è un’altra di canzone, di un gruppo più sbarbino ma non meno profondo, che dice: “Chi è stato? Non lo so, io nato nel 1985. Non lo sai tu. Non lo sanno i vigili del fuoco, i medici. Non lo sa ancora nemmeno l’autobus 37 con Agide Melloni, che per 16 ore prestò servizio come soccorritore”.

Mettendole insieme si capisce che il problema vero, o meglio la verità (come si dice, rivoluzionaria da sempre), non è sapere chi sono gli esecutori materiali ma i mandanti. Allora sono loro che vincono diversi punti a zero. E sconfitti siamo noi, la società civile, che si sente quasi presa per il culo per un risarcimento di 2 miliardi di euro allucinante per chiunque e soprattutto per due ex militanti di estrema destra. Ottantacinque morti, una lapide e uno squarcio sul muro sono quello che ho visto passando dalla dotta. La strage che, nel mio inutile immaginario, ha la faccia più subdola e feroce che ha chi fa l’incontro sul filo del rasoio che corre tra lucida pazzia e insano raziocinio. Ma le partite perse non riguardano solo la strage di Bologna.

Lo stesso Stato, Cassazione, oggi dichiara prescritto il reato di disastro ambientale di cui era imputato il magnate Stephan Schmidheiny, della Eternit. Qualche altro migliaio di morti, nessun indennizzo, nessuna galera per chi ha, dolosamente secondo le sentenze, lasciato che si morisse di amianto. A termine la condanna, a termine la colpa. Chissà se ha un termine il dolore arrecato a una popolazione. Chissà se sono a termine i tetti che non dovevano mai morire.

Checché ne dica la Cassazione (“non è una sentenza sui morti”), la portata storica, umana, sociale del diritto è innegabile soprattutto quando condiziona la vita di migliaia di persone (pensate solo agli operai e alle famiglie che hanno lavorato con l’amianto). Rinnegarlo è sbagliato, fuori dalla società e dalla storia. È un’ammissione di colpevolezza della giustizia intesa come baluardo di eguaglianza (davanti alla legge), civiltà e convivenza.

A cavallo di queste due tragedie, mi sento di rivolgere un grazie sincero a chi ha ucciso scientemente degli ignari in partenza in una sala d’attesa. Un grazie sentito a chi ha solamente lasciato fare. Un grazie sentito a chi si sente di difendere ancora chi portò avanti una battaglia per la prescrizione. Un grazie sentito anche a chi si nasconde dietro un dito senza il coraggio di affermare le ingiustizie. Un grazie infinito e un monito (che altri e non io hanno rilevato in queste ore): l’ammissione che il diritto non è giustizia può creare solo dei gravi danni.

Penna Bianca -ilmegafono.org