L’azienda dei trasporti pubblici della Capitale, Atac, vicina al collasso solo pochi giorni fa, è stata salvata nella tarda serata del 3 novembre da un prestito di 77 milioni di euro del Comune di Roma. Con questa decisione la giunta capitolina ha saldato il debito dell’azienda comunale nei confronti del consorzio privato Roma Tpl, la società cui Atac ha esternalizzato, dal 2005 in poi, le linee periferiche e notturne. Con 11.696 dipendenti al 31 dicembre 2013, di cui oltre 1.800 sono impiegati, quadri o dirigenti, l’Atac ha accumulato però un debito nei confronti di piccoli e medi imprenditori pari a 429 milioni di euro. Se tutti i creditori decidessero oggi di presentare i conti all’azienda romana, il fallimento sarebbe assicurato.

Negli anni si sono susseguite le proposte per porre rimedio alla piaga dell’Atac, che si traduce in enormi disagi per i cittadini romani. L’ultima l’ha avanzata il presidente di Unindustria, Maurizio Stirpe, nel corso di una recente conferenza stampa: “Fondere Atac e Cotral (azienda di trasporto pubblico regionale) sotto le Ferrovie dello Stato. Atac in questo momento non funziona bene – ha detto Stirpe -. Noi proponiamo, anche per la società regionale Cotral, che, sotto la direzione di un grande player che ha competenze e risorse, si faccia un progetto che dia risposta sia a Roma, sia alle altre aree del Lazio: fondere Atac e Cotral in un’unica nuova società sotto la direzione delle Ferrovie dello Stato potrebbe essere una soluzione per migliorare qualità del servizio e gravare il meno possibile sui cittadini-contribuenti”.

L’idea è sicuramente allettante e potrebbe rappresentare una soluzione, ma dovrebbe seguire alcune linee guida che molti cittadini romani, pur senza alcuna esperienza nella gestione di aziende pubbliche, potrebbero facilmente suggerire. Se consideriamo, infatti, che l’Atac perde approssimativamente 80 milioni l’anno a causa di chi viaggia senza titolo o acquista biglietti falsi (altro scandalo del trasporto pubblico romano), ecco che una delle soluzioni appare ovvia: far pagare a tutti il biglietto e controllare che non siano stampati titoli falsi. Ogni anno salgono sui mezzi Atac 1,2 miliardi di clienti (stima del Comune), a fronte di un ricavo per vendita di titoli di viaggio (ticket e 250 mila abbonamenti) di 249 milioni di euro (2012); a Milano l’Atm incassa 654 milioni dalla vendita dei ticket a fronte di poco più di 600 milioni di passeggeri.

Affidare l’organizzazione della rete di mobilità ad esperti, evitando le assunzioni pilotate (ulteriore scandalo del trasporto pubblico romano) potrebbe essere un’altra soluzione. Se infatti la riorganizzazione delle linee di autobus e tram fosse fatta da chi davvero conosce il territorio, probabilmente a Roma molti disagi legati al trasporto pubblico potrebbero essere evitati. Velocizzare la costruzione della nuova linea metropolitana C è infine un’opzione che qualsiasi essere umano residente a Roma potrebbe facilmente suggerire. Domani avrebbe dovuto aprire a Roma, a 7 anni dall’inizio dei lavori  e dopo un’inchiesta della Corte dei conti che ha contestato 368 milioni di danno erariale, la prima tratta della metro C. È molto probabile però che la fatidica apertura non avvenga: le piogge che si sono abbattute nella capitale negli ultimi giorni hanno allagato parte dei locali delle nuove stazioni metropolitane in attesa dell’inaugurazione.

”Si sono registrate delle infiltrazioni di acqua negli atri delle stazioni Giardinetti e Grotte Celoni della Linea C, a causa dell’importante fenomeno atmosferico che ha colpito la zona Sud Est della Capitale”, riferisce un comunicato del Campidoglio. “Nessun allagamento si è verificato sugli impianti e sui binari delle stesse stazioni, che non hanno subito alcun danno”, continua la nota. Riusciremo domani ad assistere alla fatidica apertura, con 3 anni e mezzo di ritardo?

Giorgia Lamaro -ilmegafono.org