“..Arrivai ad una strada che da un solo lato era fiancheggiata da vecchie case e dall’altro costeggiava un precipizio. In quel precipizio è Matera… Di faccia c’era un monte pelato e brullo, di un brutto color grigiastro, senza segno di coltivazioni né un solo albero: soltanto terra e pietre battute dal sole. In fondo… un torrentaccio, la Gravina, con poca acqua sporca ed impaludata tra i sassi del greto… La forma di quel burrone era strana: come quella di due mezzi imbuti affiancati, separati da un piccolo sperone e riuniti in basso da un apice comune, dove si vedeva, di lassù, una chiesa bianca: S.Maria de Idris, che pareva ficcata nella terra. Questi coni rovesciati, questi imbuti si chiamano Sassi, Sasso Caveoso e Sasso Barisano. Hanno la forma con cui a scuola immaginavo l’inferno di Dante… La stradetta strettissima passava sui tetti delle case, se quelle così si possono chiamare. Sono grotte scavate nella parete di argilla indurita del burrone… Le strade sono insieme pavimenti per chi esce dalle abitazioni di sopra e tetti per quelli di sotto… Le porte erano aperte per il caldo, Io guardavo passando: e vedevo l’interno delle grotte, che non prendono altra luce ed aria se non dalla porta. Alcune non hanno neppure quella: si entra dall’alto, attraverso botole e scalette… Dentro quei buchi neri dalle pareti di terra vedevo i letti, le misere suppellettili, i cenci stesi. Sul pavimento erano sdraiati i cani, le pecore, le capre, i maiali. Ogni famiglia ha in genere una sola di quelle grotte per abitazione e ci dormono tutti insieme, uomini, donne, bambini, bestie… Di bambini ce n’era un’infinità… nudi o coperti di stracci… ” (tratto da “Cristo si è fermato ad Eboli”, di Carlo Levi).

Queste parole furono scritte nel 1945. Solo quattro anni dopo, nel ’49, Togliatti e de Gasperi visiteranno i Sassi e definiranno Matera “vergogna d’Italia”.

Da quel momento si cercò di risanare ciò che di vergognoso sembrava esserci, a scapito della radicata civiltà contadina che era stata alla base di quello che veniva considerato come un anacronismo architettonico e una società ai limiti della civiltà.

Nel video qui di seguito potrete vedere Matera in quegli anni o poco dopo, siamo negli anni ’60 e l’aria rarefatta di un paese fuori dal tempo si respira anche attraverso le immagini.

Oggi si riconoscono finalmente le peculiarità di questo luogo che lo rendono unico al mondo e in cui la cultura contadina è stata fatalmente sostituita da un’elevata vocazione turistica. Questo luogo abitato continuativamente sin dal paleolitico è un intricato gioiello architettonico che conserva un’alta concentrazione di strutture rare come le chiese rupestri e le case scavate nella roccia calcarea. Alla fine, quest’antica vergogna, dopo essere divenuta patrimonio dell’Umanità, è stata appena insignita del riconoscimento di Capitale Europea della Cultura 2019 (http://www.matera-basilicata2019.it).

Il riscatto di una città, da elevare a simbolo di un’Italia che può cambiare.

Angelo De Grande -ilmegafono.org