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I Camera d’Ascolto e la musica ai tempi della crisi

Al ritorno dalle vacanze, sicuramente, molti avrebbero voluto un rimedio, un placebo, per superare lo shock da rientro. Ma è nei suoni decisi, nell’impeto senza fiato di “Figli della crisi…di nervi”, il primo album dei milanesi Camera d’Ascolto, che è possibile trovare la migliore cura. Lasciate da parte le riserve mentali e permettete che le parole vi guidino nel delirio, in un viaggio ricco di corse, buche e scossoni, grazie a una musica cattiva (finalmente), movimentata dal basso scontroso di Maria Elena Biagini “La Mary”, dalla batteria furiosa di Gio e dal violino isterico di Valeria Gelfi.

Musicalmente, i Camera d’Ascolto si distinguono per una libertà espressiva che unisce un suono duro, garage, venato punk, al cantato in italiano che abbraccia, senza ripensamenti, la dolcezza del pianoforte e la modernità di un violino suonato con carattere. Hanno la rabbia cieca di chi non si rassegna, se non dopo aver urlato e bevuto un generoso bicchiere di vino, in questa terra che ormai si riduce ad una sterile camera a gas (concetto espresso bene nel brano P.s.c…?).

“La nostra – spiega Steso, leader della band e autore dei brani – è la generazione che più di tutte risente degli effetti della crisi, ne siamo figli, appena diventati maggiorenni il nostro futuro si è oscurato lasciandoci inermi e incerti; conquistare l’indipendenza è un sogno tipo. Cerchiamo di raccontare l’effetto che questa situazione porta a livello emotivo e psicologico”.

Per sottolineare l’aspetto surreale della situazione, la copertina dell’album (nata da un’idea di Steso e realizzata da Stefano Facca) è la rivisitazione, ambientata sui Navigli di Milano, della famosa opera pittorica “La Grande Guerra” di Magritte. Lo stesso nome della band è un omaggio all’omonima opera del pittore belga.

I Camera d’Ascolto mischiano i lati grunge, hard rock e punk che ti fanno “pogare” fino ai lividi e speriamo che decidano di puntare sempre più su quelli e non sulle troppe vocalizzazioni, perché la forza del cantante Stefano “Steso” Longo e dei suoi testi sta proprio nella sua versatilità e nel suo essere eclettico e poliedrico fino allo smarrimento come in P.s.c…? e in Dieci minuti, e nella capacità di amalgamare il tutto con la musica, come in Orfeo nell’Ade. Qualsiasi sia la vostra età, se davvero avete bisogno di carica, ascoltate questo disco e saltateci su!

FrankaZappa –ilmegafono.org

Autore

FrankaZappa

Collaboro da tempo con Il Megafono, dove insieme a Manuele curo la pagina musicale e il programma "The Independence Play" sulla nostra radio web. Sono una metallara nostalgica, stregata, quando ero poco più che bambina, dall'urlo "Looove" di Robert Plant. Di quell'amore per la musica ne ho fatto la mia spina dorsale di "metallo non metallo" che mi ha portato fino a qui. Oggi amo un sax che non mi corrisponde. Grazie a lui e al jazz ho scoperto che ancora esistono nuovi pianeti da esplorare, perché per me alla fine la musica resta l'unico modo di immaginare "the dark side of the moon".

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