Andrea Arnoldi & Il Peso del Corpo è un progetto, un gruppo in pianta instabile (varia di volta in volta), che smuove la prevedibilità asfittica dello scenario musicale. Nel nuovo album, “Le cose vanno usate, le persone vanno amate”, che abbiamo ascoltato in anteprima, ci sono la potenza della rivoluzione e il coraggio della tempesta, ma tutto giunge soave, sottovoce, quasi appunto a non creare peso, tranne quello materialmente indispensabile del corpo. Una rivoluzione descritta stupendamente in Ortica, dove “la rivoluzione violenta le aiuole, non trova ragione di splendere al sole, ma vestita di niente di spine e dolore misteriosamente si prende anche il fiore”.

Pochissime le notizie a disposizione su internet riguardanti la provenienza di Arnoldi, del gruppo e dei progetti per il futuro. Ma poco importa, forse la novità sta anche in questo, nel lasciare la musica unica protagonista. Andrea Arnoldi & Il Peso del Corpo usano una gamma impressionante di strumenti musicali e risultano struggenti, disperati, giocosi, leggeri, mentre archi, cori percussioni seguono la voce, corrono e fanno staffetta permettendole di risultare leggerissima, delicata e profondamente poetica. Decidono di mostrarsi senza bugie, si impossessano di questo album, della scena, come fossero innocenza e stupore da difendere.

A ricordarcelo è Arnoldi stesso quando denuncia con garbo (nel brano Rebus): “La vita non è vostra è solamente mia. Non sai che è facile parlare di traguardi quando si è barato al via”. Nessun sorriso da vincente, niente vestiti sgargianti. Lo guardiamo nota dopo nota insegnarci a ”mutare pelle, abbandonare i toni scuri, aprire le finestre come mani e guardar fuori”. Andrea Arnoldi canta: “Non voglio perdere la meraviglia di amar qualcosa che non mi somiglia”. Ma egli, non solo non vuole perdere la meraviglia, ma vuole plasmarla in ogni ascoltatore. Proprio per questo, forse, si rimane senza un’idea precisa al primo ascolto, si resta a bocca aperta come bambini. 

Un album che ci stupisce, come fossimo bimbi al circo, ma invece di strabuzzare gli occhi di fronte a giraffe e leoni, qui apriamo le orecchie dinanzi a strumenti, tempi e parole, per lo meno insolite. A parere di chi scrive, bellissime, ché anche a Milano, nonostante l’ennesimo temporale, ti fanno sentire “estate in un abbraccio di conchiglia”.

FrankaZappa –ilmegafono.org