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Vita e metamorfosi nel noise rock dei Retrolover

Vita e metamorfosi nel noise rock dei Retrolover

Arrivano impetuosi e inattesi come un temporale estivo nel panorama italiano, saturo di indie troppo “cortese” che si adagia più del dovuto sulla scena musicale, scordandosi l’indignazione e la rabbia. Si ritorna finalmente al noise/alternative rock, grazie al nuovo album “La Coscienza di sé” dei Retrolover, profondo e intimista, ritmato e completo. Otto schiaffi, otto canzoni che non possono lasciare indifferenti: dalla ballata nera e vorticosa di La morte, al basso potente e implacabile di Male dirai, fino alla rassicurante Neve.

Dopo dieci anni dal loro primo album “…” e dopo due EP, i Retrolover (J, Pedro, Abe,  Anton) ci regalano un disco che prova a raccontare la vita e le sue diverse fasi, attraverso le canzoni. Dal nulla si nasce e poi la coscienza di sé sopraggiunge, guardandosi allo specchio, fino ad arrivare all’unica via possibile raccontata in PDM, che è la fuga dalla famiglia, per ritrovarsi inghiottito nella solitudine lacerante di Male dirai.

Forse la chiave di lettura di tutto questo progetto, di ogni ritmo e di ogni rumore,  è proprio la metamorfosi, che diventa causa ed effetto e che in Gregor si palesa in un vero e proprio omaggio a Kafka. L’ultimo brano, ineluttabilmente, è la morte, l’ultima battaglia.

In tutto l’album la voce resta quasi in secondo piano: anche se spesso urlata e piena, rimane comunque aggredita dalle due chitarre e dal basso, quasi tre fiere fameliche in un inferno musicale che altro non è che la vita.

Puoi ascoltare l’album cliccando qui

FrankaZappa -ilmegafono.org

Autore

FrankaZappa

Collaboro da tempo con Il Megafono, dove insieme a Manuele curo la pagina musicale e il programma "The Independence Play" sulla nostra radio web. Sono una metallara nostalgica, stregata, quando ero poco più che bambina, dall'urlo "Looove" di Robert Plant. Di quell'amore per la musica ne ho fatto la mia spina dorsale di "metallo non metallo" che mi ha portato fino a qui. Oggi amo un sax che non mi corrisponde. Grazie a lui e al jazz ho scoperto che ancora esistono nuovi pianeti da esplorare, perché per me alla fine la musica resta l'unico modo di immaginare "the dark side of the moon".

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