Arrivano impetuosi e inattesi come un temporale estivo nel panorama italiano, saturo di indie troppo “cortese” che si adagia più del dovuto sulla scena musicale, scordandosi l’indignazione e la rabbia. Si ritorna finalmente al noise/alternative rock, grazie al nuovo album “La Coscienza di sé” dei Retrolover, profondo e intimista, ritmato e completo. Otto schiaffi, otto canzoni che non possono lasciare indifferenti: dalla ballata nera e vorticosa di La morte, al basso potente e implacabile di Male dirai, fino alla rassicurante Neve.

Dopo dieci anni dal loro primo album “…” e dopo due EP, i Retrolover (J, Pedro, Abe,  Anton) ci regalano un disco che prova a raccontare la vita e le sue diverse fasi, attraverso le canzoni. Dal nulla si nasce e poi la coscienza di sé sopraggiunge, guardandosi allo specchio, fino ad arrivare all’unica via possibile raccontata in PDM, che è la fuga dalla famiglia, per ritrovarsi inghiottito nella solitudine lacerante di Male dirai.

Forse la chiave di lettura di tutto questo progetto, di ogni ritmo e di ogni rumore,  è proprio la metamorfosi, che diventa causa ed effetto e che in Gregor si palesa in un vero e proprio omaggio a Kafka. L’ultimo brano, ineluttabilmente, è la morte, l’ultima battaglia.

In tutto l’album la voce resta quasi in secondo piano: anche se spesso urlata e piena, rimane comunque aggredita dalle due chitarre e dal basso, quasi tre fiere fameliche in un inferno musicale che altro non è che la vita.

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FrankaZappa -ilmegafono.org