I ballottaggi delle elezioni amministrative, al di là delle analisi sul voto, delle autocelebrazioni e del dibattito sterile su chi ha vinto e chi ha perso, hanno regalato una delle notizie più belle e, fino a qualche anno fa, difficili da immaginare. La vittoria di Renato Natale a Casal di Principe è una scossa di quelle che non dimentichi: la città dominata dai casalesi, quella ampiamente raccontata in “Gomorra” e nelle inchieste giudiziarie, il paese dove chi provava a ribellarsi o a far ribellare la popolazione veniva silenziato con il fuoco, il piombo e il sangue, ha svoltato. Natale ha trionfato e ha subito messo in chiaro che ci sarà da lavorare sodo per rimettere a posto le cose, soprattutto per eliminare le scorie di un potere criminale sempre ben radicato (anche se in crisi) e, al contempo, far funzionare al meglio la macchina dello Stato, per fare in modo che si possa recuperare la fiducia dei cittadini.

I clan hanno subito colpi durissimi negli ultimi anni, soprattutto dopo che su quel territorio sono state accese le luci dell’attenzione pubblica. L’Italia intera ha conosciuto nomi e cognomi, volti, storie di resistenza, come ad esempio quella di don Giuseppe Diana. Proprio al parroco campano sono legate la figura e la storia di Renato Natale, che era già stato sindaco del comune casertano, tra il 1993 e il 1994, e aveva dichiarato guerra aperta ai clan. Proprio durante quei mesi era avvenuto l’omicidio di don Diana, un atto che mirava a colpire chiunque volesse portare giustizia sociale e legalità nel territorio. Poco tempo dopo, lo stesso Natale venne sfiduciato dalla sua maggioranza, dentro la quale si era infiltrata la camorra.

Il suo impegno però non si è arrestato, ha proseguito come sempre, tra militanza antimafiosa, denunce, esposti e un’attività di volontariato dedicata a persone svantaggiate. Fino a quando, finalmente, ha deciso di riprovarci e di riprendere in mano un comune che gli era stato indebitamente sottratto venti anni fa. “Qui la camorra ha perso. Ora si ricomincia. Dove eravamo rimasti?”, ha detto a chi lo osannava. Ed è stato bello vedere tanta gente attorno a lui, contenta, parte di un popolo che lo ha premiato con il 68%. Un popolo che egli ama, così come lo amava don Diana, visceralmente, a un punto tale che diventa impossibile tacere, non ribellarsi dinnanzi allo scempio che un manipolo di criminali sanguinari ha deciso di compiere, avvelenando la salute della gente, instaurando il terrore, opprimendo qualsiasi libertà.

Casal di Principe è il luogo nel quale nessuno poteva rifiutarsi di pagare il pizzo senza subire una ritorsione feroce e immediata, la zona franca nella quale poteva capitare che un corteo di auto con a bordo uomini armati di un clan sfilasse indisturbato per la città, in segno di sfida nei confronti del clan rivale. Era l’ottobre 1991. Fu un momento terribile, nel quale l’assenza dello Stato venne misurata concretamente, pesante come un macigno. Due mesi dopo, don Diana avrebbe diffuso la sua celebre lettera, “Per amore del mio popolo non tacerò”. Quella che probabilmente lo ha definitivamente inserito nelle liste dei condannati a morte dalla camorra.

Ha vissuto tutto questo, Renato Natale, e non lo ha mai dimenticato. Probabilmente, nel momento stesso in cui ha pensato fosse finita, ha iniziato a costruire dentro sé la speranza che questo giorno sarebbe arrivato, ha pensato che sarebbe stato possibile ricominciare da “dove eravamo rimasti”. La situazione che si trova a gestire è tremenda, con un Comune in dissesto finanziario, con un paese pieno di disoccupazione e con la certezza che la camorra ha ricevuto sì un duro colpo, ma non è sconfitta e, soprattutto, si sta già rigenerando. Ecco perché bisogna fare in fretta e fare il possibile per contrastare questa rigenerazione garantendo ai cittadini, finalmente, la presenza delle istituzioni.

Per tale ragione, però, è fondamentale che dai vertici dello Stato arrivino atti concreti e non solo parole. Perché di parole non ne servono, soprattutto quando non c’è tempo da perdere. Renato Natale, che a don Diana ha dedicato questa vittoria, ha le idee chiare e non si è mai arreso alle intimidazioni, alle pressioni, alle tante minacce. Il suo popolo adesso lo sostiene e spera nel cambiamento. Ci auguriamo che non sia lasciato solo e che, oltre alla repressione, si pensi anche a dare gli strumenti economici e sociali necessari a chi quel cambiamento vuole e sa come realizzarlo.

Massimiliano Perna –ilmegafono.org