Era ormai qualche tempo che l’Iraq era tornato ad essere uno dei tanti Paesi dimenticati dall’Occidente. Adesso è scoppiato il putiferio, con un esercito di fondamentalisti organizzato che da nord scende verso sud. A rimetterci sono come sempre i civili. Il dubbio è che, come spesso succede, non abbiamo capito come intervenire in Medio Oriente, né ci siamo posti il problema se fosse opportuno. La prima persona plurale è riferita all’Occidente.

Le sfumature di un mondo che non si presenta nella classica divisione buoni/cattivi risulta sempre difficile da comprendere a una cultura sempre più povera e incapace di dialogare con i vicini mediterranei. Quell’area geopoliticamente nevralgica del mondo non riesce ad avere pace. La situazione siriana sicuramente ha dato l’innesco per la benzina che arriva in tutte le zone limitrofe e alimenta estremismi e fondamentalismi.

E adesso, soprattutto gli Stati Uniti si ritrovano con il vecchio dilemma della gestione della politica estera. Esportare democrazia con le bombe o lasciar perdere? Obama, secondo le dichiarazioni recenti, è molto democristiano. Non può ammettere errori nel ritiro o nella permanenza e quindi parla di interventi militari senza forze armate schierate sul campo. Sicuramente le povere coscienze occidentali sono messe a dura prova.

Senso di colpa? Il senno di poi? Nessuna risposta. Fatto sta che un Paese distrutto e poco organizzato si trova ad affrontare un esercito organizzato che non ha difficoltà a rimpinguare le proprie fila. Permane la curiosità nel vedere come si comporteranno i capi di Stato di fronte a questa situazione. È ridicolo pensare che qualche bomba riesca a fermare la guerriglia che, comunque, è sempre stata la spina nel fianco delle truppe di terra americane su quel territorio.

I piedi di piombo del gigante d’argilla impediscono qualsiasi movimento rapido ed efficace. È invece più ragionevole (e sconfortante) pensare a due Stati confinanti, Siria e Iraq, che condividono la stessa sorte, ovvero guerra civile, distruzione, nessun futuro e quindi migrazioni di massa. Noi ci faremo sentire al prossimo utilizzo di armi chimiche. Pubblicità.

Alberto Agostini -ilmegafono.org