Ancora una volta la Turchia, un paese che aspira ad entrare presto nel novero delle dieci potenze mondiali grazie al suo straordinario dinamismo economico, ha mostrato i suoi punti di debolezza. Martedì 13 maggio, nella miniera di carbone di Soma, nell’ovest del paese, un grave incidente ha causato la morte di 301 lavoratori. Una fortissima esplosione, dovuta molto probabilmente ad un guasto elettrico, ha travolto i minatori impegnati nel loro lavoro quotidiano, in condizioni che, secondo l’inchiesta aperta subito dalle autorità turche, non rispettano in alcun modo gli standard internazionali per la sicurezza nei luoghi di lavoro.

La Turchia non ha mai ratificato la Convenzione dell’Organizzazione internazionale del lavoro sulla sicurezza e la salute nelle miniere. La convenzione è stata firmata nel 1995 proprio per evitare incidenti e malattie all’interno delle miniere mediante l’adozione di misure di sicurezza specifiche. È stata ratificata da 28 paesi, inclusi Stati Uniti, Brasile, Russia e Armenia, ma la Turchia non l’ha mai riconosciuta, pur avendo siglato altre due convenzioni internazionali sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

L’organizzazione Amnesty International ha diffuso un comunicato in cui accusa il governo di Ankara di “giocare con la vita delle persone”, per aver respinto una recente inchiesta relativa agli incidenti sul lavoro. “Questa è una tragedia che doveva essere evitata – ha affermato Andrew Gardner, ricercatore di Amnesty in Turchia -. La lunga storia delle morti nelle miniere in Turchia solleva forti interrogativi sulla sicurezza dei lavoratori. Il fatto che il governo abbia respinto recenti appelli da parte dei parlamentari per l’apertura di inchieste su questo tipo di incidenti è scioccante”.

Quello del 13 maggio di quest’anno non è il primo incidente in una miniera turca. Nel 1992 nella miniera di Zonguldak, 263 lavoratori morirono in seguito ad una fuga di grisù (una miscela di gas metano e altri composti tipica delle miniere di carbone e zolfo). A dicembre del 2009, un’esplosione di metano provocò un incendio in una miniera di Bursa, uccidendo 19 persone. Altre 13 persero la vita nel 2010 in un’esplosione in una miniera della provincia di Balikesir.

Dopo l’incidente di Soma, sono state arrestate decine di persone, tra cui dirigenti della società che gestisce la miniera, Soma Holding, accusati di “omicidio plurimo e negligenza”. Il proprietario di Soma Holding, il magnate Alp Gurkan, aveva detto due anni fa in un’intervista al quotidiano “Hurriyet”, di essere riuscito a ridurre notevolmente il costo del carbone “grazie ai metodi utilizzati nel settore privato”. Soma Holding, che oggi è uno dei maggiori produttori di carbone della Turchia con 5,5 milioni di tonnellate estratte ogni anno, gestisce la miniera di Soma dal 1984. Gurkan ha detto che la compagnia ha iniziato a crescere proprio dopo la decisione del governo di Ankara di cedere alle società private tutti i diritti sulle miniere di carbone.

La Turchia è un paese che negli ultimi anni è cresciuto a ritmi altissimi, rallentatisi solo recentemente con la crisi economica globale. Lo sviluppo economico non è stato accompagnato però da  un altrettanto forte sviluppo degli standard relativi al rispetto dei diritti umani. Lo stesso Erdogan, dopo aver proclamato tre giorni di lutto per la tragedia di Soma, ha cercato di sminuirla, sostenendo che gli incidenti in miniera sono frequenti e ricordando disastri simili avvenuti prima del ’900 nel Regno Unito e in altri paesi occidentali. Come se oltre un secolo non fosse mai passato.

G.L. -ilmegafono.org