È ormai cosa risaputa: le pile non sono rifiuti comuni, neanche nella ripartizione preventiva che operiamo noi stessi nella raccolta differenziata domestica. Altamente performanti, ma ugualmente pericolose per l’ambiente se smaltite senza seguire criteri idonei, anche se, tuttavia, c’è chi continua a gettarle tra gli altri materiali di scarto, ignaro delle conseguenze. Il nostro paese sta però manifestando elementi di crescita da questo punto di vista, come testimoniano le statistiche relative allo scorso anno: accumulatori e pile sono stati raccolti in modo corretto nel 31,8% dei casi, con un incremento del 4% rispetto al 2012. Nel miglioramento permangono ancora alcune ombre, la percentuale, infatti, si attesta ancora su uno standard più basso rispetto al target fissato dall’Unione Europea per il 2016, che richiede circa il 13% in più.

Insieme ai rifiuti elettronici, le pile e gli accumulatori rappresentano un segmento di smaltimento assai ostico, rientrando nel cosiddetto “e-waste” prodotto dagli scarti compulsivi che vanno di pari passo con le innovazioni tecnologiche. Secondo il rapporto “Solving the E-Wast Problem” promosso dalle Nazioni Unite, ciascun abitante della Terra getterebbe via ben sette chili di rifiuti elettrici all’anno, per un totale di quarantanove milioni di tonnellate, una cifra record. Le sostanze contenute da questo tipo di rifiuti necessitano di particolare trattamento, ecco perché si mostra sempre più urgente una più efficiente organizzazione dei punti di smaltimento.

Nel nostro paese si registra comunque una più consapevole politica nello smaltimento dei Raee (Rifiuti elettrici ed elettronici) e di pile, tanto che i punti di raccolta sia nei piccoli esercizi commerciali, sia negli esercizi della grande distribuzione ammontano a 1678 unità, mentre i centri di raccolta comunali sono 1553, aumentati in un anno di 484 unità. Non solo attività di raccolta nei centri deputati, ma anche iniziative volontarie svolte da singoli produttori.

Il riciclaggio di Raee, pile ed accumulatori non risolverebbe soltanto un problema ambientale, ma potrebbe diventare un’ottima opportunità di lavoro. L’Europa stanzierà infatti tre miliardi di euro per il progetto Horizon 2020, con il quale, se le regole per il giusto smaltimento saranno applicate a dovere, il fatturato potrà aumentare, garantendo entrate sicure e posti di lavoro tra gli addetti alle operazioni specifiche.

Laura Olivazzi -ilmegafono.org