presentazione cagliari

Un tempo, quando iniziavo a studiare la storia, in famiglia, attraverso le mie domande di bambino su quella terribile pagina che è stata la Seconda guerra mondiale e soprattutto la vicenda italiana, c’era sempre una cosa che in fondo non riuscivo a spiegarmi: perché si scelse la pacificazione nei confronti di quanti avevano parteggiato per il fascismo e avevano combattuto a fianco dei nazisti nel periodo più duro della lotta di Liberazione. Ci sono cose che da bambino non riesci a capire davvero, perché tutto ha una sfumatura più semplice e netta. Se loro sono stati crudeli, spietati, cattivi, allora perché si sceglie di non estrometterli, di non esiliarli, come si è fatto con il re, di rendere davvero illegale la formazione di partiti che si richiamassero ai (dis)valori del fascismo, di impedire che si potessero riformare gruppi di nostalgici,  che potessero addirittura condizionare la vita politica, entrare in parlamento, occupare posti di rilievo delle istituzioni. No, non riuscivo proprio ad accettarlo.

Crescendo poi ho compreso meglio, ho inteso quale grandezza, quale immensità animasse lo spirito dei costituenti, la loro sete di democrazia, il loro tributo a una memoria che non cancellasse mai né perdesse mai di vista quello che era accaduto. Anche nei confronti degli altri. E proprio in nome di quella memoria hanno scelto di costruire il futuro, consentendo anche ai vinti di partecipare a quella edificazione. Un grande atto di civiltà, di filantropia politica. Non so se sia stato un errore, ancora oggi non riesco ad avere la certezza che, con una decisione differente, avremmo potuto preservare la nostra storia dai tanti rigurgiti reazionari e fascisti che ancora oggi inacidiscono il nostro organismo civile. Probabilmente no, se è vero che l’intera Europa è attraversata da pericolosi venti di ritorno. In effetti, certe logiche e certi orrori fanno parte dell’uomo e non è certo un divieto a fermarle.

Però, la cultura, l’educazione alla libertà, la tutela della memoria possono aiutare. E allora una certezza ce l’ho: il 25 aprile è Festa nazionale, festa di tutti, anche se non amata da tutti. Una festa però oltraggiata mille volte, anticipata sempre da fatti ignobili, da provocazioni indegne. A volte forse dimentichiamo che, in fondo, l’Italia è stata in maggioranza fascista, chi più chi meno, e che Mussolini veniva osannato dalle folle e non erano solo artifici di regime. E tanti di quelli che sventolavano le mani e i fazzoletti al passaggio del Duce o dei gerarchi in nero, un secondo dopo la caduta si sono cambiati d’abito in fretta per confondersi con i vincitori.

Così i germi sono rimasti intatti e in questo Paese non è stato mai veramente possibile guardare a quel momento della nostra storia con occhi puliti e critici di storico. L’operazione, obbligatoria e legittima per qualsiasi storico o poeta, di raccontare anche il sangue dei vinti, di leggere la storia anche attraverso chi è stato sconfitto, si è rivelata ben presto strumento ingiusto e rischioso di strumentale falsificazione, che ha dato il là a imbarazzanti recuperi, a etichette e generalizzazioni offensive, a orgasmi revisionisti, perfino a oltraggiose proposte di legge.

Allora, di fronte a tutto ciò, io oggi voglio augurarmi buon 25 aprile, voglio augurarlo a mio nonno Peppe e a mio zio Salvatore che perdevano il loro splendido sorriso quando mi raccontavano l’orrore della guerra, sperando che non tornasse mai più. Auguro buon 25 aprile a chi ci crede ancora, a chi prova gioia a cantare Bella Ciao in piazza, a casa, per strada, ogni volta che ha voglia di respirare libertà. E voglio augurare buon 25 aprile anche a chi lo attacca, a chi provoca, a chi contro manifesta e a chi permette che ciò avvenga. Perché quello che ci rende partigiani e non residui vuoti di una storia dalla faccia torva e cupa, è non dare seguito a certe provocazioni, ma semplicemente difendere una festa nazionale, quella che in qualsiasi Paese sarebbe celebrata  da tutti, senza distinzioni di parte. E io sogno che ciò prima o poi avvenga. E che si capisca che Bella Ciao non è il canto di una parte con un’idea politica definita, ma il canto della Resistenza. Una Resistenza che ha avuto le anime più varie, compatte contro il nemico invasore e i suoi collaboranti. Sarebbe bene non dimenticarlo mai.

Allora buon 25 aprile. E iniziamo pure a cantare: “Una mattina, mi sono svegliato, o Bella Ciao, Bella Ciao, Bella Ciao, Ciao, Ciao…”