Avrebbe dovuto scontare 10 anni di pena in carcere e per questo si è dato alla fuga. Saverio “Saro” Mammoliti, uno dei boss più importanti della ’ndrangheta e capostipite dell’omonima cosca che spadroneggia nel territorio di Oppido Mamertina (RC) e nella piana di Gioia Tauro, risulta irreperibile da oltre una settimana. A confermare la notizia ci ha pensato il procuratore reggino Federico Cafiero De Raho e adesso le forze dell’ordine sono chiamate a svolgere una ricerca fitta che ha come obiettivo quello di ritrovare una delle figure di spicco della mafia calabrese.

Saro Mammoliti, infatti, ha un passato alle proprie spalle davvero niente male ed è ben noto agli ambienti di cronaca e giudiziari. La sua storia criminale ha inizio negli anni ’70, periodo in cui si dà alla latitanza per evitare la faida con la famiglia dei Barbaro. Egli si nasconde per ben 20 anni, fino al 1992, quando le forze dell’ordine riescono ad arrestarlo. Verrà condannato  all’ergastolo per l’omicidio del barone Antonio Cordopatri, ucciso perché non avrebbe ceduto parte del proprio terreno alla cosca del boss.

Successivamente, nel 2003, avviene una svolta: Mammoliti, ritenuto già da molto tempo tra gli elementi più importanti della ’ndrangheta, si dissocia dall’attività mafiosa e inizia a collaborare con la giustizia. Questo pentimento, però, non convince tutte le autorità giudiziarie e infatti, nel 2012, lo stesso Mammoliti torna in carcere a seguito di un’operazione contro la cosca Mammoliti-Rugolo con l’accusa di estorsione nei confronti della cooperativa Libera Terra “Valle del Marro”.

Nell’ambito di tale operazione, gli inquirenti scoprirono che l’uomo, attraverso alcuni prestanome (tra cui i propri figli) avrebbe continuato a fare pressioni e provocare danneggiamenti di stampo mafioso nel corso dei 9 anni in cui aveva collaborato con la giustizia, non abbandonando mai, dunque, il ruolo di capo cosca. Qualche mese fa, infine, Mammoliti ottiene gli arresti domiciliari in una residenza segreta e protetta nei pressi di Tivoli, luogo dal quale, tra il 28 e il 29 gennaio, l’uomo è scappato.

Gli inquirenti credono che la fuga sia dovuta proprio alla sentenza del processo nel quale egli era imputato per estorsione (condanna a 10 anni e 6 mesi) e che quindi lo stesso sia fuggito per evitare di tornare in prigione. A conti fatti, dunque, sembra che la storia si ripeta nuovamente: Mammoliti, che già si era dato alla latitanza molti anni fa, è scomparso nuovamente. Del carcere (che pur conosce bene) non ne vuole sapere. Adesso, però, bisogna a tutti i costi che le cose tornino al proprio posto e che Mammoliti sconti la pena per la quale è stato condannato.

Il susseguirsi di notizie del genere che hanno a che vedere con la fuga o l’evasione di pericolosissimi criminali (si veda il caso dell’ergastolano Domenico Cutrì) non lasciano certo tranquilli circa i sistemi di sorveglianza di soggetti pericolosi e circa le garanzie di sicurezza dei cittadini. Ecco perché le operazioni di ricerca che si stanno svolgendo in questi giorni si rivelano decisive e assolutamente necessarie anche per l’immagine dello Stato e per la sua credibilità. 

La speranza è che sia Mammoliti che Cutrì tornino dentro il prima possibile e che poi si metta subito mano ai meccanismi di gestione dei criminali pericolosi, dotando la macchina della giustizia di mezzi e norme più affidabili.

Giovambattista Dato -ilmegafono.org